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07 Aprile 2023 - 10:14
Scuola di villaggio del pittore svizzero Albert Anker (1831-1910)
«La Marchesa per la scuola e nella scuola. Giulia di Barolo e le sue attività educative (1821-1863)». È il titolo della mostra allestita in Torino, a Palazzo Barolo (via Corte d’appello 20/C), nelle sale del Musli, il Museo della scuola e del libro per l’infanzia. Inaugurata lo scorso 25 marzo e aperta sino al prossimo 25 giugno, è visitabile il sabato e la domenica dalle ore 14,30 alle 19 (escluse Pasqua e Pasquetta).
L’iniziativa riveste uno specifico interesse per la storia del Piemonte ottocentesco. Nei primi decenni del secolo, infatti, mentre i risvolti sociali dei processi di sviluppo economico cominciavano a destare allarme e pena, i bisogni educativi dell’infanzia si trovarono al centro di accesi dibattiti. Politici, pedagogisti, filantropi, religiosi e borghesi illuminati sostenevano che occorreva istituire scuole infantili per il popolo allo scopo di favorire l’armonico sviluppo dei fanciulli, supplendo all’inadeguatezza educativa di tanti genitori completamente assorbiti, loro malgrado, dal lavoro quotidiano per tenere distante lo spettro sempre in agguato della miseria. Si trattava non solo di evitare che i piccoli rimanessero in balia di se stessi per buona parte della giornata, salvaguardandone l’incolumità fisica, ma di farli crescere in un ambiente idoneo, provvedendo alla loro formazione.
Fra il 1828 e il 1830, il marchese Tancredi Falletti di Barolo e la moglie Giulia Colbert di Maulévrier, eredi degli ultimi feudatari di Settimo Torinese, aprirono una scuola infantile a Torino, nel loro palazzo. Anche a Settimo, dì a qualche tempo, si pensò di fondare una scuola per l’infanzia, ritenendo che essa fosse la migliore «opera di pubblica beneficenza» a vantaggio delle famiglie. Gli amministratori del luogo demandarono lo studio del problema a una speciale commissione, chiamando a farne parte il parroco Giuseppe Antonino, benemerito dell’istruzione popolare, il sindaco Domenico Sgherlino, il notaio Gaspare Valentino Meynardi, segretario del municipio, e i consiglieri Gaspare Ottavio Amour e Giovanni Battista Triccò. Tuttavia le buone intenzioni non poterono tradursi in atti concreti a motivo delle ristrettezze finanziarie in cui versavano le casse municipali.
La questione fu nuovamente affrontata da don Stefano Sales, il successore del teologo Antonino. Originario di Sommariva del Bosco, uomo mite e generoso, abituato a vivere in modo più che sobrio, non lesinando energie e denaro per soccorrere coloro che ogni giorno bussavano alla sua porta, specie nei periodi di crisi produttive e disoccupazione, egli era benvoluto e stimato da tutti i settimesi, non esclusi coloro che in tempo di aspro conflitto fra lo Stato e la Chiesa manifestavano scarsissime simpatie per il clero.
Nel 1876 gli riuscì di aprire un asilo nei locali attigui alla chiesa parrocchiale di San Pietro in Vincoli, dove avevano pure sede le scuole istituite dal suo predecessore, il teologo Antonino. Si trattò di un atto impegnativo e oneroso, a cui don Sales si sottopose a prezzo di grandi sacrifici personali, com’era sua abitudine.
A gestire la scuola infantile, il parroco chiamò le suore di Sant’Anna, la congregazione istituita dai marchesi di Barolo nel 1834 per assicurare una qualificata presenza educativa negli asili. Alla scuola di Settimo, nell’anno 1876-77, già risultavano iscritti ben 234 bambini (102 maschi e 132 femmine), affidati alle cure di due giovani maestre. Le affiancavano due coadiutrici, a cui si aggiungeva una persona di servizio. «Ogni spesa – scrisse don Sales – è sopportata dal signor prevosto con fondi suoi propri».
Era nata la prima scuola per l’infanzia di Settimo Torinese.
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