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L’Assedio di Verrua nella canzone popolare

L’Assedio di Verrua nella canzone popolare

LA FORTEZZA DI VERRUA

Dario PASERO

Costantino Nigra nella sua raccolta di Canti popolari del Piemonte (edita a Torino nel 1888 e riproposta dall’editore Einaudi nel 1957 e poi ancora in edizioni successive), colloca al nr. 135 la canzone su L’assedio di Verrua, raccolta a Sale-Castelnuovo dalla voce di Domenica Bracco.

Bisogna però premettere che, come il Nigra stesso ci dimostra, la canzone popolare non parla dell’assedio del 1704 (e neppure quello precedente, del 1625, sostenuto da un presidio franco-piemontese contro l’esercito spagnolo guidato dal duca di Feria), ma di un fatto d’arme molto più antico, addirittura del 1387, quando, dopo la morte di Amedeo VI di Savoia, il figlio Amedeo VII (il Conte Rosso), trovandosi in Francia, vide il Canavese minacciato da Teodoro marchese di Monferrato, che aveva sbaragliato un esercito mandato contro di lui da Bona di Borbone, madre del duca. Tornato il duca in Piemonte, verso la fine del mese di agosto pose fine alla guerra, ma Verrua nel frattempo aveva subito l’assedio delle truppe monferrine e dei mercenari di Facino Cane sin dal 4 di luglio, riuscendone comunque, come dice la canzone, vittoriosa. Il Nigra afferma poi che il ricordo di questo assedio era tramandato, all’ingresso del castello, da un rozzo bassorilievo su di un sasso raffigurante un maiale sovrastato da un grappolo d’uva, con la scritta: «Quando questo porco pigliarà l’uva/ Il marchese di Monferrato pigliarà Verruva».

La canzone di Verrua è molto breve (solo 8 versi), tanto che il Nigra ipotizza che si tratti solamente di un frammento, e presenta un aspetto che potremmo definire “mitico”: infatti, protagonista di questa canzone è la bela a la finestra, come in parecchie altre canzoni popolari piemontesi di argomento ben diverso da quello guerresco. Questa “bella”, stando alla finestra, l’ha vist venì na barca carià de gent armà,/ Con j’arme ch’a-j lusìo, ch’a smijavo andorà (vv. 4sg.); e allora essa tira na pera, la barca l’é spërfondà (v. 6), pietra veramente portentosa, perché na fussa ’d cola pera Verùa sarìa pijà (v. 7).

Il particolare, non sappiamo se vero oppure no (e pure il Nigra non dà giudizi in merito), trasporta comunque tutto il frammento poetico in un’atmosfera di leggenda, di epica leggenda che eleva la rocca di Verrua all’altezza di altri assedi in cui le donne avevano salvata la loro città (come per esempio la mitica Stamyra nel 1174 ad Ancona).

Ecco comunque il testo completo della canzone:

Castello de Verùa

Piantà su cole ròche

La bela a la finestra

L’ha vist venì na barca

Con j’arme ch’a-j lusìo

La bela tira na pera,

Na fussa de cola pera

Sarìa pijà Verùa,

s’a l’é tan bin piantà,

ch’a-i passa ’l Pò da là.

an bass l’ha rësguardà;

carià de gent armà,

ch’a smijavo andorà.

la barca l’é spërfondà.

Verùa sarìa pijà,

castel de Monferà.

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