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Calcio
30 Ottobre 2025 - 19:19
 
									Novello Cincinnato, Luciano Spalletti ha messo da parte l’aratro per accettare la corte della Juventus. Dai campi coltivati a vigna e olivo a quelli verdi del pallone. Per un po’ l’allenatore di Certaldo avrà meno tempo da dedicare all’amata tenuta “La Rimessa”, azienda agricola e agriturismo in Toscana, suo rifugio dopo la grande delusione azzurra.
Il 9 giugno, unico caso nella storia della Nazionale, a Reggio Emilia si era seduto – benché già esonerato – sulla panchina dell’Italia che aveva poi battuto 2-0 la Moldova nelle qualificazioni al Mondiale 2026, compromesse dalla rovinosa sconfitta in casa della Norvegia di pochi giorni prima. Quella vittoria triste è stato il suo saluto dopo un’avventura durata meno di 24 mesi, con un bilancio di 12 successi, 6 pareggi e 6 sconfitte.
Un allontanamento dall’azzurro che Spalletti ancora fatica a metabolizzare. Poteva essere l’apice di una carriera con oltre 1000 presenze, invece… “Quello che non sono riuscito a fare rimane un dolore immenso, ma devo subirlo. Non voglio sconti – diceva solo una settimana fa – me lo inietto da solo il veleno, se serve. Nessuno mi ha cercato, ma sono disponibile a parlare con tutti.” E la prima a pensare a lui è stata la Juventus, in crisi di risultati e bisognosa di un uomo di provata esperienza, in Italia e all’estero, carismatico e vincente.
Lo scudetto inatteso con il Napoli è solo l’ultimo frutto del suo lavoro. Sessantasei anni compiuti a marzo, Spalletti predilige schierare le sue squadre con il 4-3-3, che spesso si trasforma in 4-2-3-1. Il modulo però non è un dogma: preferisce basare il gioco sui principi tattici, privilegiando un calcio dinamico, con spinta sulle fasce, pressing alto e possesso palla.
Centrocampista cresciuto nelle giovanili di Fiorentina e Cuoiopelli, nel 1982 è tra i dilettanti con il Castelfiorentino. Il professionismo arriva nel 1985 con l’Entella Bacezza, poi Spezia e Viareggio, fino alla chiusura di carriera all’Empoli nel 1993.
La prima esperienza da allenatore è proprio con le giovanili dell’Empoli, dove resta fino al 1998, portando il club dalla Serie C alla Serie A. Poi Sampdoria (con retrocessione), Venezia, Ancona e Udinese, dove vive un triennio positivo. Nel 2005 arriva la chiamata della Roma: 11 vittorie consecutive in campionato come biglietto da visita. I giallorossi raggiungono la finale di Coppa Italia, persa contro l’Inter, ma si prendono la rivincita l’anno dopo, conquistando il primo trofeo della sua carriera. Il secondo arriva con la Supercoppa italiana, sempre contro i nerazzurri.
Chiude con la Roma nel settembre 2009, dando le dimissioni. Lo aspetta lo Zenit San Pietroburgo, dove in cinque stagioni vince due campionati, una Coppa di Russia e una Supercoppa. Nel gennaio 2016 torna alla Roma, al posto dell’esonerato Rudi Garcia: esperienza segnata dagli attriti con Totti, nonostante un terzo e un secondo posto. Poi l’Inter, che riporta in Champions League dopo 7 anni, ottenendo due quarti posti.
Dopo due anni sabbatici, abbraccia il Napoli e firma la cavalcata scudetto 2022-23. “Non lascio perché ho smesso di amare, ma perché ho dato tutto”, dirà salutando i partenopei. Lo stesso impegno che da oggi gli chiede la Juventus.
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