AGGIORNAMENTI
Cerca
Settimo Torinese
30 Maggio 2023 - 11:05
Più di 5.000 persone oggi (sabato) alla manifestazione organizzata da molte associazioni e ordini professionali del variegato mondo della sanità pubblica, comitati e associazioni di difesa dei malati e dalla CGIL Regionale.
Noi eravamo lì con il nostro striscione con su scritto “Salviamo l’Ospedale Civico di Settimo Torinese”.
La sanità pubblica al centro dell’attenzione politica e sindacale. Era ora.
La sanità pubblica da conquista fondamentale degli anni ’70 ridotta, dopo quasi 30 anni di logiche liberiste, ad un problema apparentemente irrisolvibile.
Voglio qui ricordare che l’Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale è avvenuta solo nel 1978 con la Legge 833 la quale dopo poco più di un decennio (1992) è stata oggetto di una profonda revisione definita allora, giustamente, contro riforma.
Prima la sanità non era per tutti. C’erano le mutue. Se ti ammalavi e non avevi la mutua c’erano le case di carità, o istituzioni private (quasi sempre di origine religiosa) che ti davano ciò che potevano (o volevano) sulla base della tua fede religiosa o conoscenze o raccomandazioni.
I lavoratori da tempo avevano posto al centro delle proprie rivendicazioni, prima i livelli di compartecipazione delle aziende alle mutue (ricordo che mio padre aveva la MALF che era la mutua della FIAT poi assorbita dall’INAM), e poi il passaggio a un servizio socio – sanitario – assistenziale nazionale con il quale superare le diseguaglianze delle prestazioni, unificare i programmi di prevenzione e ricerca, fornire riferimenti territoriali democratici e partecipati in un quadro di politiche sanitarie decise a livello nazionale.
Il sistema del “fai da te” aveva generato un caos ingestibile e soprattutto non era idoneo a gestire le contrastare le grandi cause di mortalità della popolazione (epidemie, inquinamenti, ritardi di diagnosi, stili di vita, ecc.). La sanità pubblica è la principale causa del crollo della mortalità infantile (istituzione del servizio pediatrico nazionale), della netta riduzione dei decessi delle donne dovuti al parto, dell’allungamento generalizzato delle aspettative di vita.
Oggi molti cittadini ritengono preferibile, per curarsi, il ricorso a cliniche o a strutture private. Le cosiddette infezioni ospedaliere sono spesso causa di aggravamento e persino di decessi.
I medici e il personale sanitario pubblico lavorano in condizioni inaccettabili di turnazione, stress, insicurezza e con stipendi minimi (due – tre volte inferiori a quelli di loro colleghi in altri paesi europei). Nonostante questo la sanità pubblica è però ancora in grado di essere la migliore risposta nei casi di grave crisi sanitaria e, lo ha dimostrato durante l’emergenza COVID, è ancora in grado di organizzare la migliore risposta assistenziale e sanitaria ai casi di malattia acuta (numerosissime sono le testimonianze di prestazioni davvero di eccellenza ricevute da pazienti con patologie gravi).
La domanda che mi facevo oggi durante la manifestazione per la difesa della sanità pubblica, mai caduta così in basso nella Regione Piemonte, era: chi l’ha ridotta in questo stato? di chi sono le responsabilità ?
E la risposta non può essere che una: la politica.
Così come nel 1978 un ministro come Tina Anselmi e una discussione politica fatta da partiti davvero rappresentativi della popolazione portavano ad approvare una legge che per la prima volta tentava di applicare nel concreto il principio contenuto nell’articolo 32 della Costituzione (La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti) oggi si assiste ad un progressivo decadimento di questo diritto fondamentale a causa di un ceto politico del tutto inadeguato a discutere e progettare riforme che rispondano alle esigenze dei cittadini e non solo ai dictat dell’economia.
Oggi occorrerebbe dire con forza che la controriforma approvata nel 1992 ha fallito i suoi scopi.
Nata come risposta efficientista, ma in realtà liberista, promossa dal governo Amato con il ministro liberale De Lorenzo (poi accusato e condannato per numerosi reati e scandali), la contro riforma introduceva principi di aziendalizzazione delle strutture sanitarie e apriva ideologicamente alla privatizzazione del sistema. La cosiddetta riforma Bindi – Prodi ha poi solo in parte invertito la tendenza. Il risultato è sotto agli occhi di tutti e, purtroppo, nonostante i proclami del ministro Speranza sull’esigibilità dei diritti sanciti dalla Costituzione, la sanità del dopo COVID è peggio di quella di prima. Una grande occasione di riforma sprecata.
I presunti manager sono incapaci di assumersi le responsabilità che la conduzione di un’azienda di servizi richiederebbe. Alcuni di loro, già in età di pensione, percepiscono scandalosamente due stipendi (ben oltre 250 mila Euro), altri, in aspettativa e con il posto pubblico garantito, hanno come principale preoccupazione di farsi rinominare, ovvero di assecondare il partito o la corrente di partito vincente e di aderire a consorterie più o meno nascoste che ormai gestiscono tutte le nomine (passate, presenti e future).
Il modello aziendale è del tutto inadatto a garantire senza discriminazioni il diritto alla salute, ha sottratto il governo del più importante dei servizi ai suoi legittimi proprietari, i cittadini, impedendone non solo la partecipazione ma persino l’espressione delle esigenze, ha prodotto sprechi ed ingiustificabili rendite di posizione ad una burocrazia più interessata a garantire se stessa e a scambiare con la politica che a progettare soluzioni efficienti e organizzare servizi efficienti. Così come il modello regionalizzato ha dimostrato di non avere la scala adeguata per affrontare le grandi sfide di salute indotte dalla globalizzazione.
La manifestazione di oggi spero sia solo un primo passo per ridare voce ad una critica costruttiva che non si accontenti di gridare “difendiamo la sanità pubblica” ma abbia la forza di riaffermare i principi già contenuti nella Legge 833 del 1978 e nell’articolo 32 della Costituzione.
A noi, per ora, non resta che salutare la partecipazione di migliaia di persone ad una manifestazione di difesa della sanità pubblica e, per noi settimesi, per la difesa dell’Ospedale Civico.
Bella ciao, e arrivederci.
Edicola digitale
I più letti
LA VOCE DEL CANAVESE
Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.