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RIVAROLO. Raggino: "grazie allo sport sono tornato a vivere"

Quando guardando dritto negli occhi i medici ha appreso che la sua vita sarebbe cambiata, che le sue gambe non avrebbero più camminato veloci come una volta, che l’incubo di una brutta malattia superata quarant’anni prima stava tornando a presentarsi, Livio Raggino è rimasto sgomento, atterrito, quasi che non ci fosse più scampo né scelta. Dopo, superata quell’orribile sensazione iniziale, ha ripreso in mano le redini della sua vita. Ha affrontato quel mostro cacciandolo in un angolo. Oggi Livio Raggino è una stella del firmamento sportivo, campione italiano del paraciclismo, dimostrazione e simbolo che la vita non finisce ma semplicemente cambia. E’ tornato a correre, quando pensava di non poterlo fare più, e più forte di prima. “Mi alleno almeno cinque volte la settimana e quando capita, come oggi, che non possa farlo per le intemperie, mi si stringe lo stomaco” ci racconta in una giornata piovosa di fine novembre mentre il tg e i giornali offrono le immagini delle esondazioni. Da domenica è tornato il sole. Livio Raggino ha subito tirato fuori dal garage il suo triciclo. Tecnicamente si chiama così. Forse il termine potrebbe sminuire il mezzo: di fatto è una bicicletta, di quelle professionali, ma a tre ruote. Adatta a chi, come lui, stenta a tenere l’equilibrio. Su quella sella Raggino è la promessa del ciclismo che da giovane non credeva di poter essere. “Ho sempre praticato sport - racconta - ma in modo amatoriale, non avrei pensato di poterlo fare a livello professionistico”. Il rapporto con la bici comincia da ragazzino. “Avevo 16 anni quando già mi cimentavo in diverse categorie - racconta Livio, che oggi di anni ne ha 57 -. Ho praticato motocross, corsa, ho sempre avuto un ottimo rapporto con le ‘strade’. Poi, dieci anni fa, è subentrata la malattia, scaturita da meningite avuta all’età di 11 anni”. Una febbre da spaccare le tempie. Le cure all’ospedale di Torino, qualche giorno tra l’al di qua e l’al di là. Sembrava una brutta storia dimenticata. Invece quella malattia spietata è rimasta latente, fino a comparire all’improvviso agli inizi del Duemila. Con formicolii, dolori ai piedi e scosse agli arti. Poi il verdetto dei medici. “Ho smesso di andare in bici proprio per le perdite di equilibrio ma mi hanno consigliato di mantenere il mio tono muscolare attivo. Ecco che ho ricominciato” ricorda Livio. Di lì a poco ha conosciuto la Sport Abili Alba, per cui corre tutt’ora e che promuove lo sport per disabili: non solo ciclismo ma anche tennis, calcio, nuoto, basket. Sono arrivati i risultati. “Sono entrato nella squadra italiana di paraciclismo e ho trascinato mio figlio Luca con me”. Luca ha otto anni e mezzo ma segue papà costantemente. Per lui la disabilità non è nulla di strano né di grottesco. Aiuta i ragazzi. Ne è diventato la mascotte. E a scuola racconta ogni sua avventura in giro per l’Italia e il mondo. “Solitamente partiamo il weekend, spesso mi reco a prenderlo a scuola il lunedì per poterci mettere in viaggio nel pomeriggio - racconta Livio -. Siamo io e lui. Mia moglie quest’anno non ha potuto seguirci per via degli impegni di lavoro. E il lunedì scopro dai genitori degli altri bambini che Luca racconta tutto. All’inizio è stata una sorpresa per me. A casa è di poche parole. Ma poi capisco, sentendone parlare dalle altre famiglie, che per lui è emozionante vivere queste esperienze”. E Luca racconta ogni dettaglio in maniera tanto genuina che i coetanei hanno abbandonato subito le perplessità che avevano all’inizio sentenza parlare di carrozzine o di gambe finte. Stare con Luca in classe diventa quindi, per tutti, un modo per avvicinarsi alla disabilità. Una positività trasmessa al punto tale che poche settimane fa gli amici dell’Istituto Santissima Annunziata hanno partecipato in massa, in palestra, alla consegna del premio a Raggino junior come “bimbo più buono d’Italia”. E’ stata una mamma, Giorgia Zigante, che Livio ha ringraziato di cuore a quella consegna, a proporre la partecipazione al premio, accolto con immenso piacere anche dal preside Poletto. “A cui ho già chiesto - aggiunge Raggino - di dare un pomeriggio alla Sport Abili Alba per parlare con i bambini e con le famiglie. E mi piacerebbe estendere l’iniziativa alle altre scuole”. E non sarebbe male riuscire a costruire qualche progetto sul territorio. L’evento “Spingi lo sport” è stato un esempio di come ci si possa avvicinare alla disabilità. “Ci sono tante possibilità per i disabili di praticare sport ma poche organizzazioni che se ne occupano - osserva Livio -, c’è chi fa sport da strada ma anche da Palazzetto dello Sport”. Per quanto riguarda lui, “mi alleno da aprile a settembre e quasi tutti i week end affronto delle gare. Sono stato in Italia, Francia, Svizzera, Belgio, ho partecipato ai mondiali negli Stati Uniti nel 2014”. E nel 2017 gareggerà per la Coppa del Mondo. “E se andrò bene - incrocia le dita - si prospettano i campionati del mondo in Sud Africa a settembre”. Intanto, nel suo bagaglio, ha collezionato un mare di titoli: vicecampione italiano in carica di paraciclismo categoria triciclo, ha vinto sia nel 2015 che nel 2016, ha superato cinque gare di Coppa Europa e, convocato nel 2014 in America nel Sud Carolina, è arrivato ottavo. Da aprile affronterà tre gare in Italia, poi la Coppa Europa, tra maggio e giugno Coppa del Mondo. “Nelle prime sono rimasto colpito dall’ambiente, sano, bello, composto da persone splendide - racconta -. Il ricordo più bello? Forse quando sono arrivato in Nazionale e ho conosciuto Zanardi  o la mia prima gara a Castiglione della Pescaia che mi ha visto arrivare quinto. Ma ogni gara lascia qualche ricordo ecco perché anche Luca si è appassionato, ci segue, ci aiuta, a volte viene ad allenarsi e intanto ha cominciato a praticare il mini volley”. A sostenerli è in primo luogo mamma Emanuela Ballesio. Una convivenza, con Livio, che dura da 26 solidi anni. A tifare sono anche i colleghi della Ipercoop di Cuorgnè dove il campione rivarolese lavora. “Prima ero caporeparto pasticceria poi sono stato spostato, proprio per problemi di salute, all’attività d’ufficio”.  In tasca un diploma come pasticcere preso a Torino all’istituto di arte bianca e tredici anni di esperienza in proprio. Livio ha anche gestito una birreria a Feletto. “A dire il vero l’arte bianca un po’ mi manca anche se ogni tanto pasticcio in casa…- ci dice - Ma sicuramente è allo sport che devo tantissimo”. “Il ciclismo - conclude Livio - prima era una forma di svago, di hobby, uno sport, anche se ottenevo buoni risultati. Dopo la malattia è diventato una forma di guarigione, mi permette di ritrovarmi in un’altra dimensione, mi ha fatto tornare la voglia di combattere. Quando passo qualche giorno senza poter andare in bici patisco. Ho già cominciato ad allenarmi, pioggia permettendo. Sia mentalmente che fisicamente mi aiuta”.
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