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TORINO. Musy: da inchiesta estorsioni emerge mistero arma delitto

TORINO. Musy: da inchiesta estorsioni emerge mistero arma delitto

Alberto Musy

Il mistero della pistola che ha ucciso Alberto Musy emerge dalle carte dell'indagine che, oggi, ha portato a quattro arresti per estorsione. L'arma, utilizzata nell'agguato teso il 21 marzo 2012 al consigliere comunale, non è mai stata trovata: gli inquirenti, adesso, non escludono che il presunto attentatore, Francesco Furchì, se ne sia liberato consegnandola a un conoscente di Vincenzo D'Alcalà, uno degli arrestati di oggi. Questo, almeno, è quanto scrive il pm Roberto Furlan nella richiesta di misura cautelare. Il pm annota un "oscuro riferimento a Francesco Furchì" in una telefonata, intercettata dalla polizia, del 7 marzo 2013, circa un anno dopo l'agguato a Musy e un mese dopo l'arresto del presunto attentatore. Conversando con uno sconosciuto, D'Alcalà disse "hai visto che c'ha tutta la roba di Furchì? Nella macchina ... Te l'ha portata". Il magistrato spiega che per "roba" si potrebbe intendere "una parte delle masserizie" di un trasloco, ma anche che "in astratto non si può neppure escludere che si trattasse di ben altra 'roba', per esempio la pistola utilizzata nell'omicidio". Quello dell'arma non è il solo riferimento all'omicidio di Musy. Una delle presunte vittime dell'estorsione ha riferito agli inquirenti che "D'Alcalà gli chiese denaro per pagare l'onorario del difensore di Furchì". "Se non fosse un mero pretesto per spillare altri denari - commenta il pm - sarebbe davvero interessante perché D'Alcalà avesse interesse alla difesa di Furchì".
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