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02 Novembre 2025 - 12:36
Con l’opera VR Man, il gigante di luce di Luci d’Artista, ora in Piazza Bodoni, Andreas Angelidakis è stato nominato a rappresentare la Grecia alla 61ª Biennale d’Arte di Venezia 2026.
Le Luci d’Artista di Torino 2025 si sono accese il 24 ottobre e resteranno visibili fino all’11 gennaio 2026. La ventottesima edizione della rassegna trasforma ancora una volta la città in un museo a cielo aperto, con un percorso che attraversa piazze, vie e monumenti, animato da 32 installazioni luminose firmate da artisti nazionali e internazionali, tra cui quattro nuove opere: Tracey Emin, il collettivo Soundwalk Collective insieme alla poetessa e musicista Patti Smith e al compositore Philip Glass, Riccardo Previdi e Gintaras Didžiapetris, realizzate grazie al sostegno di nuovi importanti partner. Saranno coinvolti nuovi spazi della città che entreranno a far parte della mappa luminosa di Luci d’Artista, confermando la vocazione della manifestazione a rinnovarsi e a estendere la propria presenza nel tessuto urbano di Torino.
Alla prima sera d’accensione è stato facile cadere nella tentazione della meraviglia visiva. Le persone si sono fermate, hanno alzato lo sguardo, scattato foto: “Che bello!”. Ma Luci d’Artista non è, e non è mai stata, una semplice festa di luci. È un invito a sentire, non soltanto a guardare; a lasciare che qualcosa dentro si muova, anche solo per un istante.
Torino si trasforma in un museo a cielo aperto, un laboratorio urbano dove la notte diventa tela e la luce si fa linguaggio. Ogni installazione, che sia sospesa tra i palazzi di Via Po o adagiata nei Giardini Sambuy, racconta un dialogo silenzioso tra chi crea e chi attraversa. È questo, il senso profondo dell’arte visiva contemporanea: non spiegare, ma evocare. Come ci ha insegnato René Magritte, “Questa non è una pipa”: ciò che vediamo è solo una rappresentazione, un invito a guardare oltre.
E allora non serve sapere tutto sull’artista o sulla sua biografia. Non serve leggere una didascalia per capire. Serve, invece, mettersi in ascolto. Respirare, lasciarsi attraversare da ciò che non si comprende del tutto.
Quando camminiamo sotto le Luci d’Artista, non stiamo semplicemente percorrendo una strada: stiamo entrando in una dimensione sospesa, dove la città si fa emozione collettiva. Forse non capiamo subito cosa voglia dire quell’opera perchè ’arte non è un quiz da risolvere, è un’esperienza da vivere. Non deve sempre piacere, né rassicurare: deve toccare.
Ogni installazione è pensata per chi vive la città, per chi la attraversa e la respira. Non per chi resta fuori, spettatore distante. Se chiediamo che ogni opera ci venga spiegata, la trasformiamo in un visual storytelling: un racconto già chiuso, confezionato. Ma l’arte, soprattutto quella che invade lo spazio urbano, nasce per essere aperta. Per farci sentire parte del paesaggio, non semplici osservatori.
C’è chi si emoziona e chi si irrita. Chi trova un’opera toccante e chi la giudica incomprensibile. Eppure, va bene così. Il riscontro può essere anche negativo, ma è comunque prezioso. Perché significa che qualcosa è arrivato, ha smosso un punto sensibile, ha generato una reazione.L’indifferenza è la vera sconfitta dell’arte, non la critica.
Quando un’opera divide, discute, provoca, addirittura scandalizza, allora sta facendo il suo mestiere: ci costringe a sentire. L’arte non chiede consenso, chiede presenza. E ogni volta che qualcuno dice “a me non piace”, è già entrato nel dialogo. Il bello è proprio questo: la libertà di reagire, di provare fastidio, stupore, malinconia, meraviglia. Tutto è lecito, purché autentico.
Tra le opere simbolo del 2025 torna ‘Regno dei fiori: nido cosmico di tutte le anime’ di Nicola De Maria, in piazza Carlina. Un titolo che sembra poesia, un’esplosione di colore e spiritualità che abbraccia chi passa.E poi ‘Volo su…’ di Francesco Casorati, che disegna traiettorie immaginarie in via Principe Amedeo, e Luigi Stoisa con ‘Noi’, ricollocata in via Garibaldi.
Sì, è periodo di festa e l’atmosfera evoca il Natale, ma Luci d’Artista non sono decorazioni natalizie: sono segni, tracce di pensiero che si accendono nelle sere d’inverno e che ognuno può ammirare e sentire a modo suo. Chi si lascia attraversare può scoprire in una curva di luce un’emozione intima, personale, irripetibile.
C’è qualcosa di profondamente umano in questa Torino che si illumina ogni anno. Non una città da cartolina, ma una città che vibra, che riflette, che accoglie l’imprevisto. Sotto la Mole, le luci non decorano e non raccontano: evocano possibilità, emozioni, prospettive; ci insegnano che anche un lampione, un’ombra o un riflesso possono diventare esperienza poetica, non perché narrano qualcosa, ma perché accendono qualcosa dentro di noi. E allora sì, lasciamo che ognuno dica la sua, che ognuno senta in modo diverso. È questa la potenza dell’arte: non dirci cosa pensare, ma ricordarci che possiamo ancora sentire. Perché se anche una sola scintilla si accende dentro, allora Luci d’Artista ha compiuto il suo miracolo: non quello della bellezza apparente, ma quello, più raro e più vero, dell’emozione condivisa.
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