"L'omicidio di Stefano Leo impone, nella sua assurda tragicità, di prendere atto della situazione di gravissima carenza degli organici del personale amministrativo del settore Giustizia". Interviene così la nuova giunta dell'Anm (Associazione nazionale magistrati) sul caso di Said Mechaquat, il ventisettenne che il 23 febbraio, sulla sponda del Po a Torino, ha ucciso un giovane e si è allontanato indisturbato nonostante una condanna definitiva che avrebbe dovuto portarlo in prigione già da qualche mese. La Corte d'appello non aveva inviato le carte alla procura, che così non ha mai spiccato l'ordine di carcerazione. La mamma di Stefano, Mariagrazia Chiri, non usa mezzi termini: "E' un fatto grave", dice. "Che però - avverte - non può essere utilizzato strumentalmente per ridurre le gravissime responsabilità di chi ha colpito un ragazzo pacifico e indifeso". L'Anm, dopo avere espresso "profondo dolore e cordoglio" per quanto accaduto, chiede al ministro della giustizia, Alfonso Bonafede, di "intervenire attivamente e concretamente". La sofferenza della Corte d'appello subalpina è nota da tempo negli ambienti: manca il personale e le pratiche da smaltire sono troppe. Ma dal Ministero di via Arenula ribattono che la scopertura negli organici è inferiore, anche se di poco, alla media nazionale: 18,55% contro il 21% come dato nazionale. Non solo. Nell'intero distretto giudiziario del Piemonte e della Valle d'Aosta le assunzioni di personale amministrativo negli ultimi 4 anni sono state 362, cifra che comprende anche l'ultimo scorrimento della graduatoria degli idonei assistenti giudiziari, e per la sede della Corte d'appello sono state 29, di cui 16 da concorso. Numeri a parte, l'Anm fa presente che il discorso è da estendere su scala nazionale: l'episodio di Torino "non è stato determinato da un 'errore' del singolo, e, purtroppo, non è un caso isolato né un'eccezione" perché in tutte le sedi giudiziarie si stanno creando "enormi arretrati a causa del numero troppo esiguo di addetti e dell'aumentata produttività dei magistrati". Nei corridoi della procura di Torino il prossimo incubo si chiama "quota 100". Si prevede che una quindicina di impiegati lasceranno il lavoro entro il 2019, imitati da un'altra ventina nel 2020. Significa più o meno la metà della pianta organica. I capi degli uffici giudiziari non possono assumere direttamente personale e, da anni, procedono raccordandosi con altre amministrazioni. Tra il procuratore reggente Paolo Borgna e il Comune ci sono stati dei contatti perché una quota di operatori della polizia municipale venga 'prestata' a Palazzo di Giustizia. Oggi il magistrato ha incontrato la sindaca Chiara Appendino.
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