"Solo la cultura può salvare l'arte, che non può diventare un bene rifugio o una commodity, come soia o cacao. L'artista deve essere un intellettuale, un uomo del suo tempo, un provocatore, un ricercatore di bellezza, un pensatore libero e liberato dagli obblighi di sistema". Lo dice Ugo Nespolo nella Lectio magistralis che l'artista piemontese pronuncerà domani all'Università di Torino ritirando la Laurea Honoris Causae conferitagli in Filosofia. Nespolo, pittore famoso nel mondo per la sua arte 'a colori', collaboratore e amico di Man Ray, Ben Vautier, Alighiero Boetti, fondatore della 'patafisica' italiana con Enrico Baj, e autore assai corteggiato dal mondo della pubblicità, viene insignito del prestigioso riconoscimento "per aver svolto un'attività artistica che, sull'arco di mezzo secolo, si è appoggiata a una robusta riflessione teorica da cui ha tratto ispirazione, varietà e nutrimento". La sua produzione, vastissima, ha attraversato quasi 60 anni di storia dell'arte italiana e mondiale. Iniziata alla Galleria Schwarz di Milano, che esponeva accanto ai suoi lavori opere di artisti quali Duchamp, Picabia, Schwitters, Arman, Baj, è arrivata fino ad oggi lambendo tutte le avanguardie, dalla pop art di Warhol all'Arte Povera, passando per il cinema. Si pensi alla rassegna che gli dedicò il Centre Pompidou dal titolo 'Nespolo - le cinema diagonal', nonché agli anni al Museo del Cinema di Torino in qualità di presidente. Una lunga storia, un lungo percorso nel quale Nespolo ha sempre voluto "mettere la faccia". La sua critica al sistema dell'arte contemporanea, "in mano a un'oligarchia finanziaria legata a tre o quattro gallerie, per lo più d'oltreoceano, un paio di Case d'Asta e ad alcune istituzioni pubbliche", non vuole però essere, come spiega lui stesso "una ballata triste". Al contrario, secondo l'artista, nato a Mosso, paesino del biellese, ma cittadino del mondo, "vale ancora la pena di accettare l'impari sfida del pensare e fare arte, perseguire la bellezza, il valore della capacità esecutiva e l'illusione dell'utilità della propria solitaria irriverenza verso gli obblighi di un sistema profondamente lacerato". L'unica strada per l'artista contemporaneo, "ma in fondo è sempre stato così, anche ai tempi di Van Gogh, Picasso e Kandinsky, è essere consapevole, essere un interprete, un intellettuale, una coscienza critica, un amante del bello. Altrimenti l'artista è tagliato fuori, è una foglia nel vento e non lascerà alcun segno".
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