Sognava di tornare a una vita normale, Marisa Amato, 65 anni, rimasta tetraplegica dopo essere stata calpestata dalla folla in preda al panico a Torino, il 3 giugno 2017, durante la proiezione della finale di Champions Juventus-Real. Invece è morta oggi all'ospedale Cto dove era ricoverata da due giorni per le improvvise complicazioni respiratorie. "Un'infezione alle vie urinarie che le ha provocato una grave disfunzione polmonare", spiegano i medici. Salgono quindi a due le vittime di quella notte di terrore, che conta oltre 1500 feriti. La prima era stata Erika Pioletti, 38enne di Domodossola, morta in ospedale 12 giorni dopo il ricovero a causa delle lesioni riportate. La Procura di Torino, che indaga sulla tragedia, disporrà l'autopsia: nel caso in cui gli accertamenti confermassero che il decesso di Marisa Amato è conseguenza diretta di quella sera, i pm dovrebbero contestare un secondo omicidio e la posizione degli imputati si potrebbe aggravare. Per i fatti di piazza San Carlo sono in corso due procedimenti penali. Il primo, per le presunte carenze organizzative, vede coinvolte 15 persone tra cui la sindaca Chiara Appendino e l'ex questore Angelo Sanna. Il secondo, invece, riguarda i componenti della "banda dello spray", che per la Procura causarono il panico in piazza spruzzando la sostanza urticante fra la folla per mettere a segno una rapina. "Siamo dispiaciuti per ciò che è successo - dicono tramite l'avvocato Basilio Foti due giovani della gang - Risponderemo alle domande dei giudici con assoluta sincerità". La Procura aveva avviato accertamenti anche nei confronti di due medici, per appurare se la tetraparesi che aveva colpito Marisa fosse stata causata da una insufficienza di accertamenti all'ospedale Maria Vittoria, dove era stata portata dai soccorritori, e alle Molinette, dove era stata poi trasferita. Maria Amato non era tra gli spettatori della partita, ma era sotto i portici della piazza a passeggio con il marito. La sindaca Appendino esprime "profondo dolore e sincera vicinanza ai famigliari", mentre il capogruppo del Pd in consiglio comunale, Stefano Lo Russo, chiede verità. "La città - dice - ha bisogno di sapere chi sono i responsabili. Chi non ha lavorato come avrebbe dovuto per garantire la sicurezza, chi colpevolmente non ha svolto il suo dovere, chi banalmente ha sottovalutato rischi e pericoli". Maurizio Marrone e Augusta Montaruli, di FdI, parlano di "una ferita ancora sanguinante nel cuore di Torino". I figli di Marisa preferiscono non commentare gli aspetti giudiziari della vicenda. "Prevale la tristezza - dicono, appena fuori dall'ospedale - Le siamo stati vicini fino all'ultimo, è stata dura. Ora continueremo la battaglia che aveva iniziato con la onlus per aiutare chi soffre di disabilità motorie. Era una donna forte". Marisa Amato non si dava mai per vinta. E lo scorso 23 ottobre, per l'apertura del processo, fuori dall'aula bunker delle Vallette c'era anche lei. Pronta a costituirsi parte civile.
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