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13 Maggio 2017 - 15:01
C'era una piccola mazza da baseball con lo stemma della Juventus nell'auto su cui viaggiava con la fidanzata. Ma ci sono voluti sei anni prima che un immigrato, residente ad Asti, incensurato e definito un "onesto lavoratore" dagli stessi giudici, potesse chiudere la sua partita con la giustizia: la mazza non era un'arma impropria ma un giocattolo, e la Corte di Cassazione, contro il parere del procuratore generale, ha reso definitiva la sentenza di assoluzione.
L'uomo, oggi ventisettenne, nel dicembre del 2011 era stato denunciato dai carabinieri di Bra (Cuneo) che nel corso di un controllo ordinario avevano scoperto l'oggetto chiuso nel bagagliaio: una mazza di 58 cm "di legno dolce non molto pesante con il simbolo di una squadra di calcio piemontese (Juventus)".
"L'ho acquistata in un mercatino a Torino", aveva spiegato lo straniero, ma non riuscì a evitare l'apertura di un fascicolo per violazione della legge sulle armi.
Il 3 novembre 2015 un giudice di Asti si pronunciò per l'assoluzione. Accertò che "le normali mazze da baseball impiegate in competizioni sportive", oltre a essere lunghe fra i 78.4 e gli 88.89 cm, "sono in legno massiccio, o alluminio, o materiali compositi", e si convinse che l'oggetto in questione era un gadget o un giocattolo da fare usare ai bambini. La Procura di Asti presentò un ricorso direttamente in Cassazione: la mazza era comunque un'"arma impropria" e non poteva essere "trasportata senza giustificato motivo". L'imputato ha rischiato un nuovo processo perché la Procura generale della Cassazione era d'accordo. Ma la Suprema Corte ha detto no: al massimo si trattava di un "oggetto atto a offendere" di cui, "viste le circostanze di tempo e di luogo, andava esclusa la potenzialità offensiva".
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