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TORINO. Furto milionario a Torino; autore, 'tesoro sepolto a Milano'

Colpo di scena nel processo - ripreso oggi - per il furto da 7 milioni di euro nella casa di una ricca ereditiera in via Giolitti, a Torino, scoperto il 20 settembre 2015. Il bottino non è mai stato trovato ma uno degli imputati, un albanese di 42 anni, Zef Zefi, ha scritto al tribunale dicendo di averne tenuto per sé una piccola parte: una collana, una statuetta e un rubino. "Li ho sepolti a Milano e sono pronto ad accompagnare la polizia sul punto in cui scavare - ha rivelato l'uomo -. Sono uno che si è sempre preso le proprie responsabilità e da parte mia sarebbe stupido dare informazioni false. Voglio anche manifestare alla signora il mio dispiacere sperando così di mettere un po' di rimedio". Il resto della refurtiva sarebbe stato speso "per ripianare i debiti", cosa che comunque non convince gli inquirenti. La squadra mobile, nel 2016, individuò e fermò le quattro persone coinvolte nel furto: si tratta delle due titolari del negozio di abbigliamento 'Samsara', Maddalena Rizzi e la figlia Aurora Lanza, che frequentavano per lavoro la casa della signora e che avrebbero fatto da basiste; poi il serbo Denis Jovanovic, amico di Aurora, e l'albanese Zef Zefi. Il tribunale ha aggiornato il processo al 22 maggio. Nel frattempo la procura valuterà come procedere per verificare le affermazioni di Zefi. Non è esclusa la possibilità di un sopralluogo. Le due vittime del furto (la padrona di casa e la colf) sono costituite parte civile con gli avvocati Marco Feno e Teresa Leone. L'accusa è sostenuta dal pm Andrea Padalino.
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