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TORINO. Salone del Libro: Picchioni, "non calerà sipario su Torino"

TORINO. Salone del Libro: Picchioni, "non calerà sipario su Torino"

picchioni rolando (foto di archivio)

Non calerà il sipario sul Salone del Libro di Torino, "non è possibile". L'ex patron Rolando Picchioni è categorico: "Torino deve avere ancora il Salone del Libro, forse diverso da quello del passato, più suggestivo, ma deve averlo". Un doppio Salone? "Dipende, se si scelgono format diversi è una strada percorribile, l'importante è che il progetto non sia lo stesso", afferma Picchioni che dal 1999 è stato ai vertici della Fondazione per il Libro, prima come segretario generale e poi dal 2005 come presidente, fino all'anno scorso quando si è dimesso rimanendo però in cda. Al 2015 risale l'indagine per                 peculato per false fatturazioni e uso improprio del denaro della Fondazione.

Picchioni ha in mente per Torino un Salone che punta "sui piccoli editori, gli indipendenti. Abbiamo fatto un grande lavoro negli anni passati per dare loro la stessa visibilità delle grandi case". In questa direzione ci sono già movimenti in corso: Ezio Quarantelli, direttore Lindau, accusa l'Aie di "non rappresentare più gli editori" e invita a costituire un Coordinamento nazionale a favore del Salone del Libro di Torino.

I piccoli librai aderenti a Confesercenti chiedono alle istituzioni locali di "aprire subito un confronto". Anche il sindaco di Torino, Chiara Appendino, ribadisce che "l'edizione 2017 si farà" e parla di "una nuova fase per rilanciare il Salone" con un format diverso "allo studio". In agenda ci sono l'assemblea della Fondazione, prevista domani e lunedì un incontro operativo per mettere a punto il progetto.

La decisione dell'Associazione degli Editori lascia comunque l'amaro in bocca: "Abbiamo registrato la volontà imperiale di Milano e di qualche milanese - afferma Picchioni - con motivazioni contestabili, da rispedire al mittente, perché nei confronti degli editori c'è sempre stata la massima attenzione e non poteva non essere così, visto che sono la materia prima". Un percorso prevedibile? "Il finale è stato wagneriano, ma il processo era già in gestazione da molto tempo, sotto coperta.

C'è stato un attacco crescente contro il Salone, si è criticata la gestione e si è trovata l'occasione per risolvere un fatto trentennale. Si diceva 'la guerra di Troia non si farà' e invece si è fatta. Vedremo come finirà".

Chi ha sbagliato? "Io innanzitutto. C'erano tante criticità, a partire dal costo eccessivo del Lingotto. Avrei dovuto agire in modo diverso. Se fossi riuscito a farlo il risultato sarebbe stato diverso", dice l'ex presidente che tra gli errori mette "l'arrivo dei milanesi nel cda". "Come dire che Torino non aveva le intelligenze sufficienti per gestire il Salone, una scelta discutibile".

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