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TORINO. Bimbo circonciso finisce in ospedale, caso a procura

TORINO. Bimbo circonciso finisce in ospedale, caso a procura

Tribunale

Un secondo caso di circoncisione fai-da-te rimbalza nelle cronache a Torino. Questa volta riguarda un bimbo marocchino di tre anni, portato in ospedale per un'infezione e dimesso dopo le cure dei medici. Una vicenda meno grave di quella di una decina di giorni fa costata la vita a Henry, figlio neonato di una coppia di ghanesi.

Nessuno parla di allarme, naturalmente, ma il vicepresidente del consiglio regionale del Piemonte, Nino Boeti, invita a "portare la circoncisione rituale dentro i nostri ospedali per evitare che avvenga in clandestinità e in condizioni igieniche e sanitarie pericolose". L'Ordine dei medici torinesi, in una nota, rivendica però il diritto all'obiezione di coscienza.

Quando è stato portato all'ospedale Martini il piccolo marocchino aveva la febbre alta. Qualche dose di antibiotico è bastata per debellare l'infezione. Ad operarlo era stato un 'esperto' che i genitori del bambino, integrati in città e con altri due figli, avevano contattato su un'indicazione ricevuta al mercato. Dalle autorità sanitarie è partita una segnalazione a Palazzo di Giustizia. La procura, per la morte di Henry, avvenuta 24 ore dopo un intervento fatto in uno stabile occupato da sfrattati e irregolari, ha già portato all'arresto di tre persone e ha indagato a piede libero la mamma e il papà; i contorni del nuovo episodio, però, sembrano completamente differenti, e adesso i magistrati dovranno valutare se e come procedere.

In Italia la circoncisione non è vietata. Nelle carte dell' indagine legata a Henry, dove si affronta la questione anche sotto il profilo giuridico, si legge che la cerimonia religiosa ebraica non è in contrasto con la Costituzione e può essere celebrata anche in casa, visto che a procedere è sempre uno specialista. Diverso il discorso se si tratta di tradizioni culturali o etniche "assolutamente estranee alla cultura occidentale". Qui è necessaria quella che la Cassazione ha definito una "riserva professionale": bisogna garantire, insomma, la "qualificazione e la competenza specifica" di chi opera, perché si tratta pur sempre di un intervento chirurgico.

L'Ordine dei medici fa presente che, in ogni caso, è un' operazione che "non si effettua per tutelare la salute". Quindi "non può rientrare fra le prestazioni del Servizio sanitario nazionale". Inoltre bisogna rispettare "la libertà di coscienza" del medico che "non può essere sacrificata alla coscienza religiosa".

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