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03 Giugno 2016 - 09:59
tribunale
La prima a morire fu la zia Patrizia. Poi, qualche ora dopo, toccò a nonno Tullio e nonna Pina. Massacrati dalle coltellate, dalle percosse, dai colpi violenti vibrati con ogni oggetto reperibile a portata di mano.
Fu la strage di Santhià, il triplice delitto che il 16 maggio 2014 insanguinò una villetta nella tranquilla cittadina del Vercellese. Una strage in famiglia. Provocata da un nipote a caccia di soldi per una notte brava di bevute e di crack. Il responsabile, Lorenzo Manavella, 26 anni, oggi è comparso in Corte d'assise d'appello, a Torino, per sentirsi confermare la condanna all'ergastolo.
Rispetto al processo di primo grado i giudici hanno eliminato l'aggravante della crudeltà - per via di una complessa questione di diritto - solo per l'omicidio di zia Patrizia. Ma anche in questo la loro sentenza ricalca esattamente la richiesta del pg Andrea Bascheri. "Aspetteremo le motivazioni - dice l'avvocato difensore, Roberta Formica - e poi valuteremo se ricorrere o meno in Cassazione. Non c'è molto da commentare. Certo, il mio assistito è pienamente consapevole della gravità di quello che ha fatto, ma c'era sempre una piccola speranza che si arrivasse a parlare di anni di carcere e non di carcere a vita. Vedremo".
Lorenzo si consegnò spontaneamente nel giro di alcune ore.
Aveva preso un treno dopo l'altro perché, in un primo momento, pensava di andare a Parigi, dove credeva che non ci fosse l'estradizione. Poi cambiò idea e, arrivato a Venezia, si presentò alla polizia ferroviaria: "Sono stato io". Aveva ancora la maglietta macchiata di sangue.
Il giovane era un buon giocatore di pallavolo. Militava in una squadra locale che era tanto importante per la famiglia Manavella: l'aveva fondata nonno Tullio e la allenava papà Gianluca, il quale - dissero i conoscenti - aveva convinto il figlio a farne parte proprio perché stesse lontano dal mondo della droga. Per Lorenzo quella del 16 maggio era stata una nottata con gli amici: l'aperitivo in un locale per festeggiare un compleanno, poi la cocaina. All'improvviso (così come ricostruito dalla pubblica accusa) montò la voglia di crack. Ma servivano i soldi, e nella villa dei nonni ce n'erano. In casa trovò zia Patrizia (di 56 anni) e la uccise. Quindi chiamò i compagni di baldoria: "Andiamo a Torino, possiamo comprarne".
Non era finita lì. Una volta tornato a Santhià, disse al gruppo di aspettarlo: "Vado a prendere altro denaro". Questa volta uccise nonno Tullio Manavella (85 anni) e nonna Pina (78).
Ancora un giro, ancora un po' di crack.
Oggi Lorenzo è detenuto a Novara, dove sta seguendo percorsi di studio e di lavoro.
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