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TORINO. Musy: difesa Furchì in appello, 'non fu agguato'

TORINO. Musy: difesa Furchì in appello, 'non fu agguato'

Alberto Musy

Un "confronto di intelligenze".

Questo, per l'avvocato Gaetano Pecorella, deve diventare il processo per l'omicidio di Alberto Musy, un fatto di sangue che ha sconvolto e turbato la città di Torino. Nessuna mozione degli affetti, nessun "appello ai sentimenti", soltanto parole rivolte "alla ragione di voi giudici".

Pecorella, uno degli avvocati più famosi d'Italia, docente universitario, ex parlamentare, ex presidente dell'Unione delle Camere penali, sta parlando in difesa di un imputato, Francesco Furchì, dipinto dall'accusa come il "rancoroso faccendiere" che uccise un consigliere comunale, "un gentiluomo prestato alla politica", solo perché non assecondava le proprie ambizioni. E cerca di cancellare la condanna all'ergastolo pronunciata in primo grado demolendo uno dei pilastri principali dell'impalcatura: la tesi del delitto premeditato.

Musy, il 12 marzo 2012, venne ferito dai colpi di pistola sparati da un misterioso "uomo con il casco" nel cortile di casa: morì dopo diciannove mesi di coma. Ma non fu un agguato, dice Pecorella. Fu un omicidio casuale, commesso da uno sconosciuto sorpreso a fare chissà cosa nel cortile. E allora Furchì non c'entra. L'avvocato si limita a rileggere la dinamica: "Musy era andato ad accompagnare le figlie a scuola, e lo sconosciuto non poteva sapere se e quando sarebbe rincasato.

Una volta interpellato, si voltò e sparò sei volte. La ferita letale non venne inferta da un colpo diretto contro la testa di Musy: quel proiettile aveva urtato l'androne e si era spezzato.

Fu uno dei frammenti a raggiungere il consigliere. Il quale, prima di perdere conoscenza, ai soccorritori disse che non sapeva chi fosse stato".

Il pg Marcello Maddalena e l'avvocato di parte civile Gian Paolo Zancan sono pronti a ribattere: "Furchì - dice il legale - afferma di non avere mai preso in mano un'arma in vita sua. E' evidente che non sa sparare". Se ne riparlerà alle prossime udienze. Ma Zancan, nel frattempo, ha deciso di giocare una nuova partita: con una mossa che farà discutere ha chiesto di aprire un'indagine per falsa testimonianza nei confronti di Pier Giuseppe Monateri, titolare della cattedra di diritto comparato nell'ateneo subalpino. Il professore ebbe rapporti sia con Musy (che fu suo allievo prima di diventare avvocato) sia con Furchì.

"Ma quando è stato interrogato, ha mentito". Eppure "sapeva chi era l'assassino, aveva riconosciuto la sagoma dell''uomo con il casco' dai filmati trasmessi in tv e su internet". Zancan ha anche citato "l'ignobile biglietto" scribacchiato da Monateri durante un esame all'università: "sparare agli str... non è reato". Lo gettò via, ma qualcuno lo recuperò e lo consegnò alla polizia.

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