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10 Novembre 2015 - 10:17
Furchì
Francesco Furchì, il 'faccendiere rancoroso' condannato all'ergastolo per l'omicidio del consigliere comunale torinese Alberto Musy, torna in tribunale.
Si apre mercoledì 11 novembre a Torino il processo d'Appello, chiesto per allontanare da sé l'ombra del "pregiudizio" che - si legge nel ricorso degli avvocati Giancarlo Pittelli e Gaetano Pecorella - ha offuscato gli occhi e la mente dei giudici della Corte d'Assise.
Francesco Furchì, dice la sentenza di primo grado, sparò ad Alberto Musy, il 21 marzo 2012, spinto dal desiderio di vendetta: quel consigliere comunale "molto attivo e attento alle problematiche cittadine", quell'avvocato civilista "stimato dai colleghi", quel "buon marito e tenero padre", doveva morire perché si era permesso di non assecondare suoi maneggi al confine del losco. Pittelli e Pecorella vogliono rimettere tutto in discussione. E lo vuole fare anche Furchì, che per questa vicenda è da tre anni in carcere.
"Continuerò a lottare, fino in fondo, anche a prezzo della vita: sono innocente", scrive in una lettera aperta dal penitenziario di Biella, dove è detenuto dopo che era stato dimesso dall'ospedale in seguito a uno sciopero della fame. "Io - aggiunge - dovevo essere condannato. Qualunque tribunale italiano avrebbe respinto la tesi degli investigatori. Spero che la mia innocenza venga stabilita da un giudice serio e onesto che non subisca i condizionamenti ambientali che hanno segnato la mia vicenda fino a oggi".
La procura generale di Torino sembra però decisa a mantenere l'impostazione che aveva portato al massimo della pena per l'ex presidente dell'associazione Magna Grecia. A sostenerla in aula ci sarà, in uno degli ultimi processi della carriera (andrà in pensione il 31 dicembre), il procuratore generale Marcello Maddalena, che ha ereditato e studiato i voluminosi incartamenti dell'indagine condotta dalla polizia e dal pm Roberto Furlan.
Tanti i punti ancora scuri di questa vicenda. Non è mai stata trovata, ad esempio, l'arma del delitto, che secondo quanto emerso nel processo di primo grado sarebbe stata nascosta nell' intercapedine di un casolare agricolo, a Casalle Torinese, di proprietà di una coppia di amici. Che in una intercettazione agli atti si dicono "se parlo io Furchì si fa cent'anni". Nelle scorse settimane, il pm Furlan ha ricevuto dalla Corte d'assise gli atti sul comportamento processuale dei due coniugi, che in particolare l'avvocato Giampaolo Zancan, legale della famiglia Musy, aveva accusato di coprire Furchì. I due, al momento, non figurano iscritti nel registro degli indagati.
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