Otto mesi di reclusione, con le attenuanti generiche, perché "con la forza delle sue parole ha sicuramente incitato a commettere reati". La Procura di Torino non ha dubbi sull'effetto delle affermazioni di Erri De Luca. Lo scrittore, accusato di istigazione a delinquere per alcune interviste in cui sosteneva che "la Tav va sabotata", è ritenuto dai magistrati personaggio "di peso e pregnanza", in grado di "incidere sulla volontà di altri". "Non esiste alcuna prova che qualcuno sia stato realmente istigato", ribatte invece la difesa che, per bocca degli avvocati Gianluca Vitale e Alessandra Ballerini, parla di "reato impossibile". Per sette ore l'autore di La parola contraria, il pamphlet sul diritto alla libertà di parola, ha assistito - in silenzio - allo scontro tra accusa e difesa. Tra il pubblico numerosi No Tav tra cui Alberto Perino, storico leader del movimento che si oppone alla Torino-Lione e che ha eletto De Luca a simbolo della propria lotta. Tornerà a parlare in Aula nella prossima udienza, quando i legali hanno annunciato che rilascerà alcune dichiarazioni spontanee. Ma da quanto sostiene in una pausa del processo, la sua posizione è chiara: "Mi sarei aspettato il massimo della pena, invece sono stupito della differenza tra gli argomenti prodotti dall'accusa e un'entità tanto esigua della richiesta", dice l'ex di Lotta Continua. Che non vuole sentirsi chiamare "martire", né tantomeno "vittima", ma pone l'accento sulla libertà di opinione. E sull'importanza che per questo diritto avrà la decisione dei giudici. "Questa sentenza - sottolinea - sarà un messaggio sulla libertà di espressione". "Il limite dell'articolo 21 della Costituzione - ribatte il pm Antonio Rinaudo nella lunga requisitoria - può avere rilevanza se non entrano in gioco altri beni costituzionalmente protetti. Uno di questi è il bene della sicurezza pubblica. Nelle interviste contestate si parla di molotov e i sabotaggi si traducono quantomeno in danneggiamenti, anche se l'obiettivo è realizzare altri reati, come attaccare le forze dell'ordine". Il nodo del processo sta proprio qui, nello stabilire cioè se quelle frasi sulla Tav, e sulla necessità di sabotarla, abbiano giocato un ruolo nelle strategie dei No Tav in quel 2013, quando gli attacchi al cantiere di Chiomonte furono continui ed energici. "Quella di De Luca è normale libertà di manifestazione del pensiero - dicono i legali dello scrittore -. Dire che la linea Tav va sabotata rientra, come spiega De Luca nel libro 'La parola contraria', nel diritto di malaugurio. E quando si parla di sabotaggio significa metterlo in atto con qualunque metodo, non necessariamente con un metodo violento. Ci sono state passeggiate al cantiere prima e dopo che De Luca parlasse. E l'episodio ritenuto più grave è del maggio 2013, molto prima delle interviste. Alla Procura - insistono gli avvocati - non interessa perseguire tutti i reati, ma De Luca". La battaglia legale, dunque, va avanti. La prossima udienza è stata fissata per il 19 ottobre.
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