Cerca

TORINO. Incubo a Tunisi. Oggi i funerali delle vittime (dossier)

TORINO. Incubo a Tunisi. Oggi i funerali delle vittime (dossier)

Attendato al Bardo di Tunisi

Doveva essere una vacanza "nel blu dipinto di blu", da trascorrere con parenti e amici. Si è trasformata nel peggiore degli incubi. "Stanno sparando a tutti, vi prego aiutateci". E si comincia con l'allarme lanciato al telefono da Carolina Bottari, una dei sei torinesi presi in ostaggio. Poi il nulla, salvo la tensione che cresce di minuto in minuto. "Si temono 2 o 3 vittime", dice Sergio Chiamparino, poi aumentate a quattro con il passare delle ore. Quattro morti e 11 feriti. E sono due donne, Antonella Sesino, 54 anni, dipendente del Comune di Torino, e Giuseppina Biella, una settantenne di Meda, vicino a Monza, che era in vacanza in insieme al marito. Si aggiungono il torinese Orazio Conte, informatico di 54 anni, e Francesco Caldara, pensionato di Novara in vacanza con la compagna, che è rimasta ferita. La nave partita domenica da Savona era attraccata a Tunisi dopo le tappe di Civitavecchia e Palermo. "Eravamo contenti, molti di noi non avevano mai visto la città - hanno raccontato al ritorno - C'è chi, come me, ha fatto un giro della città in taxi, chi è andato a fare shopping al Suk e chi ha preferito l'arte e la cultura ed è andata al museo del Bardo". Ed è proprio nelle sale che ospitano la più grande collezione mondiale di mosaici romani che, all'ora di pranzo, è scoppiato l'inferno. E solo dopo 24 ore di incertezza, si è fatta chiarezza sulle vittime italiane: un tragico bilancio per il nostro Paese, che ha pagato un tributo di sangue tra i più pesanti nell'attentato costato la vita a 23 persone, tra cui 19 stranieri e 2 attentatori, più decine di feriti. "Mia moglie non doveva essere lì. Noi turisti possiamo anche non sapere, ma chi organizza questi viaggi deve essere informato", ha detto il marito della torinese Antonella Sesino. Di Torino come di Torino erano un’ottantina di turisti a bordo della Costa Fascinosa. Anche per questo il sindaco Piero Fassino ha dichiarato due giorni di lutto ed ha annunciato "ulteriori misure di sicurezza in città a cominciare dalla ostensione della Sindone in programma dal 19 aprile". Di certo c’è che fino alla scorsa settimana la Tunisia, sembrava avviata sulla strada della normalità democratica dopo le elezioni presidenziali e politiche. Nessuno si sarebbe mai aspettato quei cinque uomini armati travestiti da militari all’assalto del Bardo, nel cuore di Tunisi, accanto al Parlamento, che forse era il loro obiettivo originario. La sparatoria, l’assedio con decine di turisti presi in ostaggio, e immagini di ragazzi e bambini seduti a terra nel museo twittate dagli stessi ostaggi e poi la strage. Il blitz delle forze antiterrorismo tunisine ha messo fine dopo un paio d'ore all'assedio, con le immagini rimandate da tutte le tv degli ostaggi che fuggivano terrorizzati e protetti dalle unità speciali. L'Isis ha espresso il suo plauso per l'attacco, ma non una piena rivendicazione. Due degli attentatori, entrambi di nazionalità tunisina, sono morti, mentre tre membri del commando sono riusciti a fuggire. In serata due sospetti sono stati arrestati. Gli altri morti sono due tunisini, tra cui un agente di polizia, e, oltre agli italiani, polacchi, tedeschi, spagnoli, colombiani. Se si esclude un fallito attacco suicida a Sousse nel 2013, era dal 2002, quando un attentato alla sinagoga di Djerba fece 19 morti, che i terroristi non sparavano 'nel mucchio' in Tunisia, colpendo anche nei momenti di massima tensione quasi esclusivamente politici, poliziotti, militari. "L'Italia non si farà intimorire", ha assicurato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha parlato di "inaudita violenza". Mentre il premier Matteo Renzi ha espresso vicinanza al governo ed alle autorità tunisine. Poco dopo la fine del blitz, è apparso in tv il premier tunisino Habib Essid: "Questa sarà una guerra lunga - ha affermato - dobbiamo mobilitarci a ogni livello, tutti insieme, tutte le appartenenze politiche e sociali per lottare contro il terrorismo. Serve unità nella difesa del nostro paese che è in pericolo". Essid ha ricordato che le operazioni antiterrorismo tunisine hanno portato da inizio febbraio all'arresto di circa 400 presunti terroristi. E proprio quel giorno era in discussione al parlamento una nuova legge antiterrorismo che da un anno avanza lentamente in aula, causa le critiche di opposizioni e ong sulla limitazione delle libertà individuali, giudicata eccessiva. La strage potrebbe dar ragione a quanti in questi mesi hanno sottolineato il pericolo di un contagio della vicina crisi libica: con un confine di 500 km di deserto impossibile da blindare, gli estremisti legati allo Stato Islamico non avrebbero grandi problemi a portare la jihad in Tunisia. E la pista interna - rafforzata dalla nazionalità dei due terroristi uccisi - potrebbe non essere in contrasto con quella internazionale: la Tunisia, nonostante le piccole dimensioni, è uno dei maggiori 'fornitori' di combattenti stranieri dell'Isis sul fronte siriano ed iracheno, 3.000 secondo alcune indagini. E uno degli attentatori, scomparso tre mesi fa, aveva chiamato i genitori proprio con una sim irachena. In serata avenue Bourghiba, il luogo simbolo delle manifestazioni della rivoluzione dei Gelsomini, si è riempita di tunisini con bandiere al vento scesi in strada contro il terrore: "La Tunisia è libera, fuori il terrorismo", scandiva la gente. Mentre il video dei deputati blindati nel Parlamento durante l'attacco che cantavano a squarciagola l'inno nazionale faceva già il giro del web. Sono le immagini di un Paese che non si vuole arrendere.  

Ivrea piange Orazio

  Non viaggiavano spesso, sempre occupati com’erano tra il lavoro e i tre figli. Questa volta, però, avevano voluto fare una eccezione: lei, Carolina Bottari, per godersi una vacanza con le colleghe; lui, Orazio Conte, per seguire la moglie che non lasciava mai. Una coppia “affiatatissima”, come la descrivono gli amici, che si è spezzata all’improvviso – e senza un perché – nell’attentato di Tunisi. L’uomo è stato colpito a morte dai terroristi dell’Isis. La moglie è stata ferita, subito ricoverata in un ospedale della capitale tunisina, dove è stata sottoposta a un delicato intervento chirurgico per le ferite riportate e da ieri, intorno alle 16 è al CTo di Torino. “Abbiamo sperato fino all’ultimo che ce l’avessero fatta. Poi, purtroppo, abbiamo saputo…”, dice con la testa bassa e la voce rotta dalla commozione il figlio maggiore della coppia, Marco, 26 anni, partito nel pomeriggio di venerdì scorso per Tunisi. Nella loro casa al sesto piano di via Pianezza, a Torino, nel cuore del popolare quartiere Lucento, ci sono anche i fratelli, Davide, 24 anni, e Nadia, vent’anni. “Tre splendidi figli”, sottolinea un’amica della mamma, Tina Labriola, entrambi impiegate del Comune di Torino -  Marco si sta laureando in ingegneria e ha appena trovato lavoro, Davide si è laureato da poco in Architettura e Nadia ha appena finito le Superiori”. Difficile dare un senso alla tragedia di questa famiglia “normale”, come la definisce un vicino di casa, Bruno Marabotto. “Ditelo: Orazio era una persona normale”, dice ai giornalisti mentre attraversa il pianerottolo per portare ai tre ragazzi le sue condoglianze. “Una persona normale, come lo siamo tutti di fronte alla pazzia di queste persone, che ormai arrivano dappertutto”, aggiunge commosso e arrabbiato. Commosso per avere perso un vicino di casa che era anche un amico, arrabbiato perché la morte di questo informatico, che tutti i giorni prendeva il treno per andare a lavorare a Ivrea, non trova spiegazioni. Come il vicino di casa, in tanti hanno bussato alla porta di casa Conte. “Una bella coppia e una bella famiglia”, dicono nel quartiere. Solo due giorni fa il figlio Marco aveva telefonato alla mamma per annunciare che il colloquio di lavoro era andato bene e che presto sarebbe partito per uno stage all’estero. “Mamma era al settimo cielo”, dice il figlio. Ora chissà se riuscirà a tornare ad esserlo.  

Il ricordo degli amici vicini di casa a Lusigliè

  Possedeva una piccola casa a Lusigliè Orazio Conte, uno dei turisti rimasti uccisi nell'attentato terroristico a Tunisi. Viveva a Torino, insieme alla moglie Carolina Bottari, 54 anni, ma i due trascorrevano abitualmente, da una ventina d'anni, i loro fine settimana e le estati a Lusigliè. "In una piccola casa accanto alla mia che si affaccia su un giardino comune in cui ho visto crescere i loro tre ragazzi: Marco, Davide e Nadia" ricorda il vicino di Lusigliè, Rino Coppola, insegnante presso la scuola di Bosconero. E ci racconta che Orazio e Carolina erano partiti per una vacanza dopo aver festeggiato la laurea breve di Davide, il secondo figlio, che frequentava con successo il politecnico di Torino. Una crociera nel Mediterraneo occidentale: un premio, un periodo piacevole, atteso con desiderio e vissuto con serenità che si è trasformato in un improvviso grottesco incubo. "Raccontarlo suona assurdo e insensato, vuoto e ingiusto – riflette Coppola -. Come può una persona mite e gentile, ragionevole e razionale come Orazio diventare un obiettivo terroristico? Ovviamente la stessa considerazione è rivolta alle altre vittime, ma io conoscevo Orazio, la sua caparbia ma cortese determinazione nelle discussioni, la sua creatività, il suo amore per il bricolage e per il violino che suonava con scarsa perizia ma instancabile passione. Questa gente che ammazza sparando nel mucchio falciando vite normali, ha sottratto a Orazio il futuro, la possibilità di vedere come va a finire, il desiderio di assistere alle carriere dei propri figli, il piacere di altre cento grigliate nel nostro giardino e di innumerevoli melodie storpiate al violino… Ma soprattutto, per quanto mi riguarda, mi ha schiaffeggiato colpendomi al sicuro della mia casa, arrivando ai miei amici e affermando che la loro follia è un “giudizio divino” dal quale non puoi sfuggire. Mi hanno fatto male, e hanno devastato la vita di Carolina e dei suoi figli, ma chi spara all’impazzata nei musei, brucia libri e uccide persone normali e buone come Orazio deve scomparire nel gelo dell’indifferenza, scivolare nel tombino della storia, ottenere l’opposto delle loro misere e deliranti intenzioni".  

A Torino in coda sotto i portici

  Sono decine le persone che in coda, ieri, sotto i portici del municipio di Torino o anche sotto la pioggia hanno reso omaggio alle salme di Orazio Conte e Antonella Sesino. "E' un dovere - dice uno dei tanti torinesi incolonnati in attesa di entrare - venire a salutare della gente uccisa in un momento incredibile. Sono qui da italiano". Secondo un altro, la grande affluenza di stamattina "è una dimostrazione di democrazia e di partecipazione". Una collega ricorda Antonella Sesino. "Era una persona splendida", dice. Un'altra donna abita nello stesso condominio dei genitori della dipendente comunale rimasta uccisa. "Vederli - racconta - è uno strazio. C'è grande dolore. Anche noi vicini di casa siamo stravolti". Secondo un conoscente della vittima, "La vita è così. Crediamo di essere sereni e felici e invece ti trovi dietro l'angolo un destino che non ti aspetti. Faccio la coda perché è mio diritto e dovere. L'Italia è unita ma credo che non lo sia mai stata come questa mattina". Un collega di Orazio Conte non trattiene le lacrime: "Era il nostro responsabile in azienda. Sono cose che non dovrebbero succedere".    

Il ritorno a casa della Fidas di Agliè

  E’ rientrata ieri mattina, domenica 22 marzo, la comitiva del Gruppo Fidas di Agliè scampata all’attentato di mercoledì a Tunisi. In totale 35 persone di cui 25 alladiesi. Ad attendere l‘arrivo del pullman in piazza Poggionetto il sindaco Marco Succio, le famiglie e un cartellone con su scritto  “bentornati”. La comitiva era a bordo della nave Costa Fascinosa giunta in porto a Savona domenica mattina. A raccontare l’incubo è il responsabile del Gruppo Fidas Eugenio Bonino. “Possiamo davvero dire di essere scampati all’attentato - ha detto ieri - E’ stato un caso perchè volevamo anche noi andare a vedere il Museo del Bardo. All’ultimo momento, invece, quasi un segno del destino, abbiamo deciso di andare a fare l’escursione a Cartagine. Al ritorno siamo passati di fronte al Museo qualche minuto prima dell’assalto. Abbiamo saputo dell’attentato quando eravamo già sulla Costa Fascinosa e abbiamo visto gli elicotteri della polizia e dell’esercito  sorvolare la nave. Poi è cominciato il controllo di tutti documenti e l’appello dei responsabili della crociera per capire chi mancasse. Siamo poi stati barricati sulla nave tutta la notte ad aspettare il via libera alla partenza dell’Ambasciatore italiano e dell’unità di crisi della Farnesina. Mercoledì anzichè alle 18 siamo ripartiti alle due di notte per Palma de Maiorca dove siamo arrivati sabato. Da qui siamo ripartiti alla volta di Savona”.
Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori