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TORINO. La Corte d'Assise assolve quattro attivisti No Tav

TORINO. La Corte d'Assise assolve quattro attivisti No Tav

Padalino Andrea

Nessuna organizzazione paramilitare, nessuna possibilità di condizionare le scelte dello Stato e, soprattutto, nessuna volontà di fare male alle persone presenti nel cantiere di Chiomonte. Così la Corte d'Assise di Torino motiva l'assoluzione dall'accusa di terrorismo di quattro attivisti No Tav per l'assalto a colpi di molotov la notte tra il 13 e il 14 maggio 2013. Per i giudici si è trattato, dunque, soltanto di una serie di reati minori - porto di armi da guerra, danneggiamento seguito da incendio e resistenza a pubblico ufficiale - per cui i quattro, Claudio Alberto (di Castellamonte), Niccolò Blasi, Mattia Zanotti e Chiara Zenobi, sono stati condannati a tre anni e mezzo di reclusione. Nelle motivazioni del verdetto pronunciato lo scorso 17 dicembre, i giudici, presieduti da Pietro Capello, sostengono che i No Tav, che sono stati in carcere poco più di un anno e ora sono ai 'domiciliari', non intendevano "attentare alla vita o all'incolumità delle persone presenti nel cantiere". La mancanza di tale volontà è definita "incontrovertibile" e "non deve essere confusa con l'accettazione del rischio che quell'evento si realizzi". Non può configurarsi il reato di terrorismo poiché "in Val di Susa non si vive affatto una situazione di allarme da parte della popolazione" e poiché "nessuna delle manifestazioni violente fino a ora compiute ha inciso, neppure potenzialmente, sugli organismi statali interessati alla realizzazione dell'opera". La minaccia portata al cantiere, inoltre, non è stata "di dimensioni tali da rientrare nella previsione normativa" per configurare il reato di terrorismo. In sostanza, scrivono i giudici, "non si ritiene che la programmazione emersa dal tenore delle telefonate oggetto di intercettazione", dal "numero di soggetti concorrenti", dalle "armi proprie o improprie utilizzate fossero di per sé tali da incidere, anche solo potenzialmente, sulla volontà dello Stato di proseguire i lavori programmati". Ai quattro imputati, per cui i pm Andrea Padalino e Antonio Rinaudo avevano chiesto nove anni e mezzo di carcere, sono state riconosciute le attenuanti generiche perché incensurati, per la loro condotta corretta durante il processo e "soprattutto" per le loro ammissioni durante il dibattimento. La sentenza, definita "una vittoria su tutta la linea" dai legali dei quattro imputati, aveva anche stabilito che non fossero dovuti risarcimenti alla Presidenza del Consiglio e ai sindacati di polizia, in quanto non sussiste il reato di terrorismo, ma soltanto alla società Ltf per i danni materiali subiti dal cantiere.
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