TORINO. Porto Imperia: vizio procedurale, sentenza fallimento nulla
23 Gennaio 2015 - 11:16
tribunale
E' nullo il fallimento del Porto di Imperia. La Corte d'Appello di Genova ha annullato la sentenza pronunciata lo scorso 18 maggio dal Tribunale di Imperia. La decisione, secondo i curatori fallimentari, l'avvocato torinese Stefano Ambrosini e il commercialista Filiberto Ferrari, per un vizio procedurale nell'istanza presentata dalla Procura e nella conseguente lesione del diritto di difesa della società. Il fallimento - secondo gli stessi professionisti - sarebbe però destinato a restare in piedi. E questo sia che i curatori, condannati a pagare le spese processuali, decidano di ricorrere in Cassazione; sia che optino per l'acquiescenza alla pronuncia della Corte. "E' pressoché certo - dicono al riguardo - che la Procura di Imperia ripresenterebbe istanza di fallimento, che condurrebbe a una nuova istanza stante l'insolvenza della società". Per i curatori fallimentari, questo significa che resta attuale e percorribile l'ipotesi di vendita dell'azienda alla Go Imperia, società 'in house' del Comune. "Non cambia nulla, il porto rimane gestito dalla Go Imperia, con una concessione marittima valida", conferma Carlo Capacci, il sindaco della cittadina ligure, che detiene il 33% di azioni della Porto Imperia Spa - le altre sono divise in parti uguali tra Imperia Sviluppo e Acquamarcia Srl. "Vediamo cosa succederà - si limita ad aggiungere il primo cittadino - e soprattutto attendiamo di leggere le motivazioni e che si definiscano i contenziosi". La decisione della Corte d'Appello di Genova rappresenta un nuovo colpo di scena nell'intricata vicenda con al centro il porto turistico ligure. Arriva infatti a poco più di due mesi dall'assoluzione di Francesco Caltagirone Bellavista e di altri nove imputati. Erano accusati di truffa aggravata e abuso d'ufficio: per il pm torinese Giancarlo Avenati Bassi, che aveva chiesto otto anni per l'imprenditore romano, i costi per la realizzazione del porto erano lievitati fino a 140 milioni di euro, ma l'opera non era stata neppure collaudata. I magistrati parlarono di una "truffa colossale, di livello pazzesco", con un "danno patrimoniale spaventoso" per il Comune di Imperia e anche per lo Stato. Lo scorso 7 novembre, però, il tribunale di Torino, dove si è tenuto il dibattimento, ha assolto Francesco Bellavista Caltagirone "perché il fatto non sussiste". E ha anche respinto la richiesta di sequestrare beni per 50 milioni di euro alla società Acquamare, che fa capo allo stesso Caltagirone. Le motivazioni della sentenza dovrebbero essere depositate nei primi giorni di febbraio.
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