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19 Novembre 2014 - 16:10
Campo nomadi
Il nomadismo, che in Italia "riguarda il 3% della comunità Rom, è un abbaglio culturale, da cui sono nati i campi nomadi che sono il luogo in cui si è istituzionalizzata la segregazione e la discriminazione su base etnica". Lo ha ribadito, nel corso della giornata sul tema 'Non emarginare il futuro' promossa a Torino da Compagnia di San Paolo e Bernard Van Lee Foundation, Carlo Stasolla, presidente dell'Associazione 21 luglio, l'organizzazione no profit che ha realizzato lo scorso anno 'Figli dei campi', libro bianco sulla condizione dell'infanzia Rom in emergenza abitativa. "Il campo, cioè il ghetto istituzionalizzato - ha proseguito Stasolla - diventa un luogo insicuro non perché ci vivono i nomadi ma perché è il luogo dell'esclusione e della segregazione. C'è una strategia nazionale - ha poi ricordato - che dice che i campi vanno chiusi perché sono appunto luogo di segregazione. Speravamo che si iniziasse a farlo ma non è successo". Stasolla ha quindi concluso ricordando che "dei circa 180 mila Rom stimati in Italia solo 35-40 mila vivono nei campi.
Gli altri quattro quinti vivono in alloggi e hanno un lavoro regolare, ma devono mimetizzarsi per non essere discriminati".
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