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02 Novembre 2022 - 09:21
Pino Masciari, imprenditore, in una foto del 2018 quando si candidò alle parlamentarie del Movimento 5 Stelle in Piemonte
Alla luce della notifica del 15 ottobre u.s., con cui il Prefetto di Torino mi ha comunicato che il Ministero dell’Interno - Dipartimento pubblica sicurezza - UCIS, ha avviato il procedimento per la revoca della scorta, non essendomi ad oggi pervenuta alcuna altra comunicazione, seppur consapevole dei tempi dell’iter amministrativo, prendo atto e subisco, dopo 25 anni di lotte e denunce, della netta volontà di revocare la scorta a me e alla mia famiglia. Mi riservo in ogni caso di impugnare il provvedimento all’atto della sua notifica, qualora la decisione definitivamente assunta non fosse idonea a garantire la mia sicurezza e quella della mia famiglia. Voglio preliminarmente mettere in chiaro, a scanso di equivoci e possibili strumentalizzazioni, che questa non è assolutamente una questione politica, né interessa determinazioni assunte dal nuovo Governo, semmai è il Governo uscente che avrebbe dovuto fornire spiegazioni in merito. Tuttavia, è evidente che oggi l’attuale Esecutivo è nella responsabilità e nelle condizioni di poter intervenire in favore mio e della mia famiglia. Porto all’attenzione di tutti che la mia vita e quella della mia famiglia non può più proseguire nella costante incertezza, nella sempiterna paura che la propria esistenza possa essere minata da un giorno all’altro, senza spiegazioni, senza nessuna logica razionale, dalle valutazioni e dalle decisioni del funzionario di turno. Questo non è più accettabile! A nessuno può essere chiesto di vivere in questo continuo stato di sospensione del proprio futuro e delle proprie aspettative! Già troppo abbiamo subito le vessazioni di un sistema che invece di proteggerci ci ha spesso lasciato soli in balia di noi stessi. Non è solo la situazione contingente “scorta sì/scorta no”, è una questione di principio! Io che ho offerto la mia vita e quella della mia famiglia allo Stato, in difesa dei principi costituzionali, contribuendo a sdoganare il sistema ordito dalla ‘ndrangheta e dalle sue collusioni con i poteri forti, radicato in tutti i livelli sociali e istituzionali, non posso ora essere considerato un peso e trattato come tale! Non è umanamente tollerabile! Mi hanno sfinito in tanti anni di continuo braccio di ferro per il riconoscimento dei miei diritti! Adesso non sento di avere più l’energia per contrastare decisioni che di fatto sono già state assunte, di lottare contro un muro di gomma impenetrabile che da anni non mi permette di guardare con serenità al mio futuro. Per questo dico: basta! Preso atto, dunque, della volontà di revoca della scorta e subendo tale decisione, fortemente spinto dall’amarezza e dal dispiacere causato non solo da quest’ultima vicenda, ma logorato da 25 anni di deportazione e di incertezza del domani, sto meditando in maniera seria e ponderata di compiere il gesto di rientrare in Calabria, di riprendere la mia vita, di muovermi in autonomia ovunque io voglia, con la determinazione di chi ha sempre lottato a difesa della propria libertà. È scontato che qualora mi dovesse succedere qualcosa riterrò responsabili gli organi competenti e chi, avviando il procedimento di revoca della scorta, ha ritenuto che io non sia più in pericolo, effettuando una valutazione che si rivelerebbe evidentemente e palesemente errata rispetto la condizione della mia sicurezza. Comunico che in data odierna, alle ore 9.30, sarò audito in “Commissione consiliare Legalità” del Comune di Torino. In quella sede darò lettura e chiederò che vengano depositati agli atti i seguenti documenti: la notifica ricevuta dal Prefetto di Torino, le mie memorie presentate alla medesima Prefettura e il presente comunicato stampa, affinché vengano acquisiti dalla stessa Commissione e siano testimonianza di quanto sta accadendo e della pubblica manifestazione di quanto ingiustamente sto subendo.
Pino Masciari
Masciari iniziò a lavorare nell'impresa edile del padre rilevandola poi nel 1988, alla morte di quest'ultimo. Una delle due imprese in suo possesso, la "Masciari Costruzioni", operava nel campo degli appalti pubblici, case popolari, impianti sportivi, scuole, strade, restauri di centri storici, ecc. L'altra impresa, ereditata da suo padre, in cui Masciari svolgeva il ruolo di amministratore, si occupava del settore privato, quindi costruzione di abitazioni civile destinate alla vendita. Fu suo padre per primo a rivolgersi alle Forze dell'Ordine per riferire le pressioni e le estorsioni che la 'ndrangheta esercitava sulle loro imprese e, di conseguenza, del pericolo a cui era sottoposta la famiglia Masciari. Tuttavia le risposte furono un invito a prestare attenzione prima di esporsi troppo, poiché la denuncia comporta un rischio per la vita. Nel 1988, alla morte del padre, Pino Masciari si trovò da solo con nove fratelli e per proseguire i suoi lavori egli dovette cedere alle estorsioni, ossia alla corresponsione del 3% ai mafiosi e del 6% alla parte collusa con la politica, nonché a numerose imposizioni delle cosche fra cui le assunzioni pilotate, le forniture di materiali e di manodopera, regali di appartamenti ecc. ed all'elargizione di denaro e di lavori pubblici pretesi dai politici. Due anni dopo, nel 1990, Masciari si ribellò alle pretese dei politici e vedendo così le prime ripercussioni sulle sue aziende e ostruzionismi di varia natura, che misero l'azienda in difficoltà. Nel 1992 Pino Masciari si ribella anche alla 'ndrangheta, subendo gravi ripercussioni in ambito lavorativo e familiare, cominciando ad essere oggetto di furti, incendi, danneggiamenti e minacce. Alcuni malavitosi avvicinarono uno dei suoi fratelli e gli spararono alle gambe. Pino, che nel frattempo aveva subito numerose perdite economiche, fu costretto da malavitosi a non costituirsi parte civile. Contemporaneamente le banche gli consigliavano di rivolgersi agli usurai per ottenere quella liquidità che gli veniva meno dai mancati pagamenti dei lavori, già realizzati, per i quali egli investiva le proprie risorse. Nel 1994 Pino licenzia tutti i suoi operai e a novembre dello stesso anno inizia raccontare ai carabinieri i problemi che stava attraversando. La Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, considerato il pericolo grave e imminente a cui Pino e la sua famiglia erano sottoposti, prospettarono l'assoluta necessità di entrare sotto tutela del Servizio Centrale di Protezione. Inizia così la sua collaborazione con la giustizia. Grazie alle sue denunce vengono arrestati e condannati decine di capi e gregari di importanti famiglie ndranghetiste come i Vallelunga di Serra San Bruno, i Sia di Soverato, gli Arena di Isola Capo Rizzuto, Trapasso - Scerbo di San Leonardo di Cutro e Cutro, i Mazzaferro, nonché politici e amministratori. Nell'ottobre dell'anno 1996 la ditta "Masciari Costruzioni" viene dichiarata fallita. Il 18 ottobre 1997 Masciari e la sua famiglia vengono sottoposti al programma di protezione previsto per i testimoni. Pino Masciari con la sua famiglia vive da anni in località protetta, senza alcuna speciale protezione e nessun cambiamento d'identità, senza alcuna possibilità di lavoro né per lui né per sua moglie. Il 31 marzo 2008 viene diffuso un comunicato stampa. A seguito di questo comunicato stampa molti giovani e associazioni si mobilitano al fine di sostenere la famiglia Masciari. A Pino Masciari è stata conferita la cittadinanza onoraria a Torino il 10 novembre 2008, Ivrea il 24 novembre 2008, San Sperate (CA) il 24 settembre 2009, Nichelino il 13 aprile 2010 e Empoli il 22 maggio 2010. Il 21 maggio 2012 il comune di Bologna gli conferisce la cittadinanza onoraria per il suo impegno nella lotta alle mafie. Nel 2013 il Consiglio Comunale di Gioia del Colle ha conferito la cittadinanza onoraria a Pino Masciari. Il riconoscimento è motivato - si legge in una nota dell'Ufficio Stampa del Comune - “per il suo coraggio civico e lo strenuo impegno profuso nella lotta contro la criminalità organizzata: un’esortazione alla legalità per tutti i cittadini, in particolare per le nuove generazioni, perché in un «futuro possibile» tutte le mafie possano essere definitivamente sconfitte”.
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