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Cronaca

Micro cellulari nascosti vicino al carcere: la Polizia Penitenziaria sventa un’operazione sospetta

Gli agenti scoprono all’alba due involucri sospetti: uno nei pressi del campo sportivo, l’altro sul muro di cinta dell’Istituto penitenziario

Micro cellulari nascosti vicino al carcere: la Polizia Penitenziaria sventa un’operazione sospetta

È accaduto all’alba di oggi, domenica 18 maggio 2025, presso la Casa Circondariale di Ivrea, dove due agenti di Polizia Penitenziaria, al termine del turno notturno, hanno intercettato un doppio tentativo di introdurre illecitamente micro-cellulari all’interno del carcere. Un episodio che conferma, ancora una volta, la tensione costante a cui è sottoposto il sistema penitenziario, e il ruolo fondamentale degli operatori nel presidio quotidiano della legalità.

I due dispositivi sono stati rinvenuti lungo il perimetro esterno dell’Istituto, occultati in involucri distinti. Il primo è stato scoperto all’interno della cinta, nei pressi del campo sportivo: probabilmente abbandonato da ignoti in attesa di essere lanciato nel cortile interno della struttura. Il secondo, completo anche di cavetto USB per la ricarica, era appoggiato sul muro di cinta del carcere, verosimilmente pronto per essere recuperato nel momento più favorevole.

Una dinamica che lascia intendere una strategia premeditata, interrotta solo grazie alla professionalità e all’attenzione del personale in servizio. “Ancora una volta, l’intuito, la professionalità e il senso del dovere del personale di Polizia Penitenziaria hanno permesso di intercettare e impedire l’introduzione di oggetti non consentiti all’interno della struttura penitenziaria” si legge nella nota ufficiale. Un risultato che conferma “la capacità degli operatori di mantenere alto il livello di sicurezza, nonostante le crescenti criticità che affliggono il sistema”.

Non è un caso isolato. Il fenomeno dei micro-cellulari negli istituti di pena è diventato negli ultimi anni una delle principali criticità in materia di sicurezza interna, favorendo comunicazioni esterne non controllate, minando la gestione del regime detentivo e aprendo scenari inquietanti sul fronte del crimine organizzato e delle intimidazioni. Ma ciò che colpisce è come, anche in un contesto di difficoltà strutturali, il presidio umano riesca a fare la differenza.

A sottolinearlo è la Segreteria OSAPP di Ivrea, che in una dichiarazione non nasconde l’orgoglio ma anche la frustrazione per le condizioni operative degli agenti:
“Il rinvenimento di questa mattina dimostra, ancora una volta, l’efficacia e la dedizione degli agenti della Polizia Penitenziaria, che operano quotidianamente in condizioni estremamente difficili. Senza uomini sufficienti, senza mezzi adeguati e con carichi di lavoro ormai insostenibili, il personale continua a garantire la sicurezza e l’ordine negli istituti penitenziari facendo leva esclusivamente sul proprio spirito di sacrificio, sulla propria esperienza e su un incrollabile senso dello Stato”.

E poi un appello, chiaro e diretto: “Ci auguriamo che la Direzione sappia riconoscere formalmente l’operato degli agenti coinvolti, valorizzando l’impegno e la dedizione che ogni giorno questi uomini e donne mettono al servizio della sicurezza e della legalità”.

Nel silenzio delle mura del carcere, dove ogni gesto può essere carico di conseguenze, questo episodio è l’ennesimo tassello di una realtà spesso dimenticata, ma cruciale: quella della sicurezza carceraria, garantita da chi, ogni notte, vigila nel buio e intercetta segnali, movimenti, pacchi lasciati appoggiati a un muro. Oggetti piccoli, ma potenzialmente esplosivi.

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