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Punto Rosso
05 Dicembre 2023 - 07:30
Centralinista ieri, call center oggi
Il 30 novembre scorso Comdata-Konecta Group (multinazionale con sedi in 24 paesi) ha convocato in Confindustria Canavese le segreterie territoriali della categoria delle telecomunicazioni di Cgil, Cisl, e Uil insieme alle RSU per un incontro con un unico punto all’ordine del giorno: gli esuberi della sede di Ivrea. In tempi diversi, e forse in categorie diverse, di fronte ad una convocazione per parlare di esuberi si sarebbe dichiarato uno sciopero e organizzato un presidio dei lavoratori davanti a Confindustria per dare forza all’azione sindacale. Cito, solo per rimanere in ambito Comdata, i presidi Innovis ai quali partecipava sempre anche quella parte di cittadinanza attiva e solidale con i lavoratori, la scrivente fra questi.
L’incontro si è tenuto dunque senza disturbi fra quattro mura, mentre gli operatori erano “tranquilli” al lavoro con le cuffie in testa se non in cassa integrazione. Questo nonostante il tema dell’incontro fosse di quelli che dovrebbero allarmare.
Non che sia stata una sorpresa la comunicazione aziendale, poiché è lampante il disinvestimento su Ivrea con pezzi di lavoro che vanno altrove. Siamo arrivati al sesto anno di ammortizzatori sociali in Comdata Ivrea, utilizzati anche in concomitanza di contratti interinali. Dal luglio scorso sono in cassa integrazione i 60 dipendenti ex call center Inps non assunti dall’Istituto e a breve ci andranno i 25 operatori della commessa Aria della Regione Lombardia che rimarranno presto senza lavoro perché ancora una volta si è lasciato fare un passaggio di appalto senza clausola sociale.
Il quadro è chiaro e già visto: tutto il peso dei cambi di appalto disinvolti cade sulle spalle dei lavoratori, l’azienda li classifica con leggerezza come esuberi e attinge quindi a piene mani agli ammortizzatori sociali. D’altronde se due istituzioni pubbliche come l’Inps e la Regione Lombardia possono permettersi tranquillamente di ignorare la legge sul cambio di appalto ignorando la clausola sociale che ha lo scopo di salvaguardare i lavoratori, perché il privato dovrebbe essere più virtuoso? Per etica? Sì, per etica aziendale, ma quando nella proprietà ci sono fondi finanziari, l’etica lascia il passo al dio profitto e amen per i lavoratori.
L’incontro è quindi servito a Comdata a iniziare a mettere le mani avanti. Non ha fornito numeri esatti, ma ha parlato ampiamente di esuberi e di diminuzione di volumi su alcune commesse. Insomma, ha preparato lo scenario per l’apertura nel 2024 di nuova solidarietà per 12 mesi. Le Rsu hanno dato un giudizio negativo sull’incontro anche perché l’annuncio di ulteriori cali dei volumi di lavoro mettono in serio pericolo la tenuta la sede di Ivrea.
A fronte della preoccupazione, però, non c’è stata per ora una reazione conseguente come l’avvio di una procedura di mobilitazione per tutto il sito, perché tutti sono a rischio, come si doveva fare fin dalla vicenda Inps, invece di mobilitare solo i lavoratori coinvolti, come fatto anche per Aria.
E dove sono le istituzioni?
Soprattutto dove sono Città metropolitana e Regione, che dovrebbero intercettare una crisi subdola che dura da sei anni almeno e che goccia a goccia si porta via il lavoro, vera linfa di ogni territorio?
Ai tempi del crack Agile-Ex Eutelia, Comune, Provincia e Regione erano coinvolte e impegnate nella ricerca di intermediazione con l’azienda, nelle politiche attive per il lavoro e per il sostegno al reddito dei lavoratori. Oggi questo sistema sembra crollato del tutto.
Lo sconforto dei lavoratori è dunque alto, ma il mondo dei call center con i suoi ritmi e la frammentazione dei comparti, rende difficile lo scambio e mobilitazione spontanea dei lavoratori, prevale lo scoramento e la sfiducia diffusa e la sensazione di impotenza, di non contare nulla, di non poter nemmeno avere la possibilità di tentare cambiare le cose. Questo è il male peggiore per la classe lavoratrice.
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