Di proprietà dello Stato, è da qualche anno in concessione al Comune che, in specifiche occasioni ne garantisce l’apertura al pubblico. Si vorrebbe fare di più, riqualificarlo innanzitutto per renderlo fruibile ad un turismo di massa. Insomma è da tempo che il castello di Ivrea è al centro di nuovi programmi di investimento, ancor più da quando, alcuni anni fa, il Fondo ambiente italiana, con il concorso “I luoghi del cuore” lo aveva eletto edificio da salvare, forte delle 6.500 persone che lo avevano votato. Tutto bene non fosse che c’è un problema ed è l’accatastamento. Per il Demanio figura già nell’elenco dei beni inseriti al Catasto, per il Comune di Ivrea non è così. E fino a quando non si sbroglierà la matassa nessuna opera di recupero potrà mai iniziare. Ricapitolando: il Demanio è disponibile a cederlo, ma la città di Ivrea non sa come fare a prenderlo... Nel cassetto però ci sono già i progetti e i piani, approvati dalla Soprintendenza e curati dal Politecnico di Torino. Parliamo allora dei soldi... Si comincerà con quelli che si impegnerà a scucire la Fondazione Guelpa, reduce dall’investimento sul Museo, ma con ancora in cassa un patrimonio che supera i 7 milioni e mezzo di euro e fidi con le banche per altri 3 milioni. C’è di vero che per un’operazione del genere di euro ce ne vogliono davvero tanti, ma si può già prevedere l’interesse di alcune Fondazioni bancarie e pure del Fondo Ambiente Italiano, che in zona già gestisce il castello di Masino. Nel castello, secondo quella che era l’idea originaria, dovrebbero trovare spazio laboratori e cantieri di restauro gestiti da Università e Soprintendenza, quindi spazi destinati a manifestazioni ed eventi e un’area commerciale artigianale dedicata ai prodotti tipici del territorio. “Ora dobbiamo dare un’accelerata – aveva commentato qualche tempo fa proprio il sindaco – anche perché dalla riqualificazione del Castello potrà partire il rilancio della parte alta della città”. E con il castello di Ivrea, da aggiungersi a quello di Pavone, di Agliè, di Masino e di Mazzè, non era difficile cominciare a pensare “alla grande”, per esempio ad un circuito simile al “giro della Loira”. E poi… Quanti altri castelli in giro per il Canavese e in Valle d’Aosta si potrebbero valorizzare? A Foglizzo, a San Giorgio, a Mercenasco. Non c’è comune che non ne abbia uno. Si che si può fare! E sarebbe il nulla al confronto con lo sforzo che fece Amedeo VI di Savoia, detto il Conte Verde, quando decise, nel 1358 di costruire le rosse torri in una posizione dominante sulla strada che conduceva ad Aosta. I lavori terminarono tra il 1393 e il 1395 e si dice che in certe giornate vi lavorarono più di mille persone. Da una scopo principalmente difensivo a residenza dei Savoia, nella seconda metà del XV secolo, quando la duchessa Iolanda di Valois, figlia di Carlo VII re di Francia e di Maria d’Angiò chiamò il pittore francese Nicolas Robert, per affrescare alcune sale. Tra il XVI e il XVII secolo, con l’infuriare delle lotte tra francesi e spagnoli, il castello riprese la sua funzione di presidio militare ed è del 1676 il fulmine che provocò l’esplosione del deposito di munizioni collocato nella torre di nord-ovest (la torre mastra), esplosione che causò, assieme al crollo delle torre, innumerevoli morti e la distruzione di molteplici case edificate a ridosso del castello. Dal 1700 l’edificio venne adibito a carcere mantenendo tale funzione fino al 1970.
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