Il parroco don Antonello Solla, riprendendo una recente nota di Pax Christi, condanna l’intervento dell’esercito israeliano alla città palestinese di Jenin, che ha provocato morti e feriti. Il sacerdote rileva che «all’Ucraina si inviano armi per sostenere la resistenza ma lo stesso criterio non vale per la resistenza palestinese, per difendersi da un’invasione che come quella russa vìola il diritto internazionale e le risoluzioni delle Nazioni Unite».
Don Antonello Solla
Riceviamo e pubblichiamo
Stiamo assistendo, ormai quasi anestetizzati, rassegnati, alle notizie dei tg nazionali di cronache di violenze, di testamenti aperti, di guai di una ministra, la guerra in Ucraina, contorno delle nostre giornate. Colpisce però come i fatti drammatici a Jenin, in Palestina, siano diffusi con poche e distorte parole. Il tutto descritto come operazione militare di Israele. Al contrario si tratta di aggressione/invasione dell’esercito israeliano contro i palestinesi, un atto di guerra con 12 morti, feriti e migliaia di cittadini che fuggono dalle loro abitazioni.
Allarma e sconcerta il silenzio della cosiddetta Comunità Internazionale (ONU, UE), delle nostre Istituzioni, anche ecclesiastiche, dei “nostri” partiti, da destra a sinistra, nessuno, o quasi, ha pronunciato una parola di solidarietà nei confronti degli aggrediti palestinesi e di condanna nei confronti degli aggressori. Dal comunicato stampa di Pax Christi Italia: “L’attuale governo di estrema destra aveva invocato nei giorni scorsi un’ampia operazione dell’esercito che non solo procedesse a ‘punire’ qualsiasi tentativo di resistenza palestinese, ma addirittura qualche ministro parla esplicitamente di una ‘rioccupazione’ dell’intera città di Jenin, dopo che un gruppo palestinese ha provato a lanciare due razzi artigianali verso una colonia israeliana”.“Condannare la violenza non è più sufficiente. Occorre esigere il riconoscimento dello stato di Palestina al fianco dello stato d’Israele, per porre fine ad una guerra mai terminata e ad una annessione di territorio per le vie di fatto, illegale e foriera di questa spirale di odio, violenza e vendette funzionali solamente a chi continua a vedere la regione del Medio Oriente come un terreno di scontro e di guerre per propri calcoli ed interessi strategici e non come una regione di convivenza e di integrazione tra culture e religioni diverse.”
Aggrediti di serie B? Alla giusta e doverosa condanna dell’invasione della Federazione Russa in Ucraina perché il protocollo di indignazione cambia quando si tratta della Palestina? All’Ucraina si inviano armi per sostenere la resistenza ma lo stesso criterio non vale per la resistenza palestinese per difendersi da un’invasione che come quella russa vìola il diritto internazionale e le risoluzioni delle Nazioni Unite. Occorre con urgenza un risveglio dell’opinione pubblica, delle Istituzioni, della Chiesa per affermare che tutti gli aggrediti dei conflitti hanno diritto di solidarietà, la certezza di sentirsi tutelati, difesi. Occorre sempre più affermare e realizzare che le controversie si possano risolvere con il dialogo, il rispetto dei diritti di tutti, l’ascolto delle differenti voci, favorendo armonia e riconciliazione, perdono, per costruire un futuro di speranza per ogni donna e uomo. Ogni grido di dolore, ogni morte, ogni aspirazione di giustizia, libertà, democrazia, sia curato con la medesima premura ed empatia, nessun desiderio di libertà sia censurato o sminuito.
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