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CIGLIANO. Franca Donà, una ciglianese in finale al premio Wilde 2018

CIGLIANO. Franca Donà, una ciglianese in finale al premio Wilde 2018

POESIA E MUSICA Franca Donà con il pianista Fabrizio Sandretto

Lei è Franca Donà, ciglianese, operatrice socio-sanitaria in una comunità psichiatrica riabilitativa, ma anche orgogliosamente poetessa. Franca scrive e legge da sempre, tanto ed appassionatamente, fino a che, nel 2010, a causa di una caduta e un gesso al piede - che la costringe all’immobilità - incontra la poesia attraverso un sito. Qui, dopo un timido approccio al mondo informatico, adotta il suo nickname, astrofelia. Franca ha presentato, in occasione del “Dolce Settembre”, alcune delle sue poesie accompagnata dal Maestro Fabrizio Sandretto, giovane pianista talentuoso, a cui ha dedicato in passato una poesia. Inoltre, è attualmente l’unica della zona del vercellese ad essere giunta alla finale del premio Wilde, concorso letterario europeo, grazie alla sua opera inedita “Saudade”; il 27 ottobre parteciperà alla finale della XI edizione del concorso all’Auditorium di San Benedetto del Tronto. Per conoscerla meglio le abbiamo posto qualche domanda.

Da cosa deriva la scelta del nickname “astrofelia”?

«Quando mi iscrissi a questo sito di poesie e racconti avevo bisogno di un nome inventato al momento, quindi mi ispirai al fiore delicato che ricorda l’orchidea: l’astromelia. Firmarmi col mio nome era infatti una cosa impensabile: mettere in mostra i miei pensieri più intimi, sogni… follie!».

Oltre alle sensazioni che l’ambiente in cui lavora le trasmette, ha incontrato altre motivazioni per cui valesse la pena scrivere?

«Sicuramente l’ambiente in cui lavoro ha fatto la sua parte, ma non soltanto per ispirarmi. Si sa, certe situazioni dolorose, particolari e a volte assurde, portano a riflettere. Ma credo sia anche una maggiore consapevolezza, una maturità raggiunta che ti fa vedere ciò che altri non notano o a cui non danno importanza. La sensibilità a volte è quasi dolorosa, senti qualcosa dentro che si agita e sai che dovrai scrivere, per esprimere ciò che provi. È un bisogno, una sofferenza, una liberazione».

Ha uno o più autori di riferimento (o scuole, stili poetici)?

«La Poesia è dei grandi poeti, da Ungaretti a Neruda, da Pavese ai più recenti Merini, Gatto. Per quanto riguarda il mio stile, invece, non seguo metrica, vado ad “orecchio”. Oltre al contenuto la poesia deve avere una musicalità sua, un suono che scandisce le parole; non amo però le rime. Io sono per la semplicità, la schiettezza: amo dipingere con le parole, svelare e non spiegare. La poesia è ciò che siamo, la nostra parte più intima, vera e spesso nascosta anche a noi stessi».

Quali riconoscimenti ha ottenuto? Ne ricorda qualcuno con maggior vividezza?

«Dopo aver usato per qualche tempo il nickname, per timore di perdere i diritti di proprietà sulle mie opere ho aggiunto il mio vero nome. Da allora ho ricevuto inviti a partecipare ai concorsi che mai ho preso in considerazione […]. Nel 2011 ho aderito alla pubblicazione di una raccolta di autori vari, Canto di maggio. Nel settembre del 2014 partecipo al mio primo concorso letterario e ottengo una menzione d’onore, vado a Vicenza e con quel viaggio inizia il mio percorso, il viaggio nel viaggio. Da allora diversi riconoscimenti, in tante città italiane come ad esempio Assisi, Torino, Roma, Senigallia, Caserta e Milano. Torno da ogni viaggio carica di emozioni che si trasformeranno in poesie, ogni premio è diverso, sia per la città in cui si svolge, sia per la location, solitamente suggestiva ed elegante. Il ricordo più bello… Il primo premio a La Spezia, all’interno di uno storico palazzo nel cuore della città, con ufficiali in alta uniforme e un meraviglioso trofeo in premio e a seguire una gita a Porto Venere per concludere in bellezza».

Quali sono i suoi progetti per il futuro in merito alla scrittura?

«Nel 2015 è uscito il mio primo libro E non mi basta il cielo edito da Santoro, a cui spero farà seguito il secondo, a breve. Il futuro? Vincere una pubblicazione, qualche premio prestigioso e lasciare la mia impronta, domani... o fra mille domani (non c’è fretta)».

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