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Sensori glicemici sospesi: caos e disagi per i diabetici

Da due mesi i pazienti sono costretti a tornare alle punture sulle dita. Costi insostenibili, risposte inesistenti e un sistema che non funziona

Sensori glicemici sospesi: caos e disagi per i diabetici

Due mesi senza sensori glicemici, due mesi di disagio e frustrazione per i pazienti diabetici dell’ASL TO4. Questi dispositivi, fino a poco tempo fa, rappresentavano un pilastro nella gestione quotidiana della malattia. Collegati a un’App sul telefono, i sensori permettevano di monitorare costantemente i livelli di zucchero nel sangue, adattare i farmaci in tempo reale e, soprattutto, dire addio alle continue punture alle dita. Una conquista tecnologica che ha migliorato sensibilmente la qualità della vita di chi vive con il diabete.

Ora, però, quella conquista sembra solo un lontano ricordo. Da ottobre, i pazienti si trovano a dover fronteggiare un vero e proprio salto indietro, costretti a tornare a pratiche che si sperava fossero ormai superate.

Bucarsi le dita sei, sette volte al giorno è tornata a essere la drammatica routine per molti, con conseguenze che vanno ben oltre il fastidio fisico. C’è chi deve pianificare l’intera giornata attorno a un regime di controllo glicemico più macchinoso e meno preciso, e chi, pur volendo acquistare i sensori di tasca propria, si scontra con costi proibitivi: ogni scatola ha un prezzo medio di 65 euro, una spesa insostenibile senza il supporto del Servizio Sanitario Nazionale.

La situazione è ulteriormente complicata da una comunicazione che definire lacunosa sarebbe un eufemismo. I pazienti, abituati fino a pochi mesi fa a ricevere i dispositivi tramite la farmacia dell’ospedale, si sono ritrovati improvvisamente senza risposte. Dopo settimane di silenzio, a novembre è arrivata una comunicazione che informava del passaggio del servizio a una cooperativa di Rivarolo. Ma il numero fornito per contattare questa cooperativa si limita a riprodurre un messaggio registrato, mentre le e-mail inviate dai pazienti sembrano sparire in un buco nero burocratico.

L’ASL TO4, dal canto suo, ha fornito una spiegazione ufficiale. La sospensione sarebbe legata all’introduzione di una nuova modalità organizzativa regionale, che prevede la consegna a domicilio dei sensori da parte delle ditte aggiudicatarie del servizio. «Gli utenti non devono più recarsi presso la Farmacia Ospedaliera a ritirare i dispositivi», si legge nella nota. Un sistema che, sulla carta, dovrebbe semplificare la vita dei pazienti, ma che nella pratica ha generato solo caos.

Secondo l’ASL, il Servizio di Assistenza Integrativa ha richiesto i piani terapeutici ai medici diabetologi per poi trasmettere gli ordini di consegna. Per eventuali disguidi, sarebbe stato attivato un indirizzo e-mail dedicato: sensori.integrativa@aslto4.piemonte.it. Un indirizzo che, a quanto pare, non è servito a risolvere nulla. Nonostante le rassicurazioni ufficiali, infatti, la realtà è che molti pazienti non hanno ricevuto nemmeno una consegna e continuano a vivere nell’incertezza.

L’ASL si limita a parlare di «disguidi nel passaggio alla nuova modalità» e garantisce di «stare fronteggiando il problema con le modalità ritenute più efficaci». Una risposta che suona quasi come un insulto per chi, ogni giorno, si trova a dover gestire una malattia cronica senza gli strumenti adeguati.

diabete

Ci si chiede, a questo punto, chi abbia ritenuto "più efficace" un sistema che non funziona. Se l’obiettivo era semplificare, il risultato ottenuto è esattamente l’opposto: pazienti costretti a riprendere abitudini invasive, ore di tempo spese a cercare risposte inutili e una sfiducia crescente verso chi dovrebbe tutelare la salute pubblica.

In tutto questo, il silenzio e la lentezza della burocrazia alimentano la frustrazione. Perché, al di là delle parole, il dato di fatto è che i sensori non ci sono, e la situazione non sembra destinata a migliorare in tempi brevi. Insomma, una vicenda che dimostra ancora una volta come la macchina amministrativa, quando inceppata, finisca per schiacciare proprio chi dovrebbe aiutare.

E mentre si aspetta che qualcuno prenda davvero in mano la situazione, i pazienti continuano a bucare le dita e a chiedersi quanto ancora dovranno attendere per riavere un diritto che sembrava ormai acquisito.

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