Nel giorno dell'addio al padre Michele, in un'Alba praticamente chiusa per lutto, il figlio Giovanni ha rivendicato un 'modello Ferrero'. L'ha descritto prendendo la parola nella cattedrale gremita, alla fine della cerimonia funebre celebrata dal vescovo, mons. Giacomo Lanzetti. Migliaia di persone lo hanno ascoltato, in silenzio totale, nel Duomo e nelle quattro piazze della città dove erano stati montati i maxi-schermi per dare a tutti la possibilità di seguire le esequie. Ai primi banchi nella chiesa monumentale, accanto ai famigliari (la vedova Maria Franca, le nuore Paola e Luisa) c'era il presidente del Consiglio Matteo Renzi. "Sono venuto ad Alba - ha spiegato - per onorare un grande italiano, una storia incredibile di talento, territorio e valori umani". Con il capo del governo c'erano anche l'ex premier Romano Prodi, il presidente della Regione Piemonte e del Consiglio regionale, Sergio Chiamparino e Mauro Laus, il presidente dei giovani imprenditori di Confindustria, Marco Gai, il sindaco di Torino e presidente dell'Anci Piero Fassino, gli ex presidenti del Piemonte Enzo Ghigo e Roberto Cota, imprenditori (tra gli altri Paolo Barilla), banchieri (l'ad di Mediobanca Alberto Nagel). Tutti hanno ascoltato il messaggio d'amore del figlio per il padre, ma anche il suo racconto del 'taglio' dato "da un imprenditore illuminato che ha precorso i tempi" ad un'azienda divenuta colosso mondiale tenendo però il cuore e le radici in Italia. "La nostra - dice Giovanni Ferrero, che è ceo del gruppo - è un'azienda che mette gli aspetti sociali al primo posto, il profitto viene dopo. Una fabbrica dal volto umano" con un modello di welfare aziendale perseguito da Michele Ferrero "mai sconfinato nell'utopia olivettiana, ma sempre ispirato al pragmatismo che fa parte della cultura, delle radici delle Langhe". Alla Ferrero "le parole delocalizzazione, razionalizzazione e cassa integrazione - spiega Ferrero - non mai state pronunciate, non per strategia a fronte di una contrapposizione sindacale, ma perché il patto fiduciario tra le due forze in campo ha escluso questi termini, li ha resi di fatto inconcepibili". Dirigenti, dipendenti e pensionati, hanno annuito e battuto le mani. "Con Michele Ferrero - ha proseguito il figlio - Alba si è arricchita, il suo futuro si è dilatato", la "terra della malora fenogliana" dove "i contadini erano poveri, l'anello più basso del tessuto sociale" è diventata un ricordo. "Con la scomparsa di Michele Ferrero, ci sentiamo orfani e più poveri - ha detto mons.Lanzetti - è stato un campione di umanità". Un lungo applauso aveva accolto l'arrivo del feretro in Chiesa, uno, che è parso interminabile, ne ha salutato la partenza verso il cimitero. Comincia un altro capitolo della storia della Ferrero. "Un'azienda così solida e bene impostata - 'profetizza' Chiamparino - saprà affrontare a viso aperto tutte le sfide della competizione globale mantenendo le radici ad Alba".
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