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Ombre su Torino
23 Maggio 2024 - 09:00
Aurora, Torino Nord.
È la notte tra l’11 e 12 novembre del 1957, sono circa le 2.30. In via Piossasco, al civico 24, dormono tutti della grossa. Nessuno si accorge che, dall’abitazione della famiglia Virdis, al quarto piano, viene un fortissimo odore di gas. Ma, soprattutto, nessuno sente le urla di un ragazzo che si chiama Francesco e che vive proprio in quell’alloggio.
Ha vent’anni ed è terrorizzato: chiede aiuto, bestemmia, bussa alle altre porte ma nessuno lo ascolta. Il dottore e gli infermieri di turno dell’Astanteria Martini (un ospedale poco lontano) lo vedono arrivare di corsa. Trafelato, riesce a dire una sola frase: <<Venite con me, vi prego, mia madre e i miei fratelli stanno morendo, la casa è piena di gas!>>. Arriva sul posto la Croce Rossa ma non c’è niente da fare: sono tutti morti. Maria, la madre, 46 anni, e i due figli Giovanni e Giuseppina, 24 e 22 anni, non si sono accorti di nulla, stroncati dalle esalazioni nel sonno. Unici superstiti Francesco e un’altra sorella, Angela, malata di poliomielite e ricoverata al Cottolengo.
Giunta sul posto la polizia, si scopre che la fuga di gas proviene dalla cucina. Ma c’è qualcosa di strano: l’impianto c’è ma non è collegato a un fornello. I Virdis, infatti, cucinano con una piastra elettrica. Il tubo, inoltre, può essere aperto solo girando una pesante manopola, la quale, per altro, si scoprirà essere chiusa, per sicurezza, con un filo di ferro dotato di piombini, sparito nel nulla. Difficile pensare a una tragica fatalità.
Interrogato sul punto la notte stessa, Francesco sosterrà che il fratello aveva manomesso l’impianto qualche giorno prima. Si pensa allora che potrebbe stato Giovanni ad aver ucciso lui stesso, la madre e la sorella, ma Francesco è categorico: <<È impossibile!>>.
Giovanni Virdis
Gli inquirenti scandagliano il passato della famiglia. Battista, il padre, è morto da qualche anno in carcere e anche Giovanni ha avuto problemi con la giustizia. Francesco, poi, è tutt’altro che un santo. Sfaccendato e di indole violenta, ha picchiato più volte la madre.
Litigano per futili motivi: lui non ha voglia di lavorare e i soldi che gli può dare la donna non sono mai abbastanza per lo stile di vita che vorrebbe avere il ragazzo. Ma non è tutto qui. Francesco è anche finito in carcere un paio di volte per rapina e una volta è stata proprio la signora Maria, stanca dei continui guai del figlio, a denunciarlo e a farlo arrestare.
Maria Virdis, la madre
Messo alle strette, Francesco resiste un giorno e poi confessa. Si, è stato lui ad ammazzarli tutti. Lo ha fatto perché sua madre, che pure amava moltissimo, era diventata la sua nemica insieme ai suoi fratelli che non lo difendevano mai.
Confessa Francesco e spiega come è andata quella sera. Spiega che ha atteso fino alle 22 quando, nell’unica stanza da letto della casa, la madre e la sorella si sono coricate nel matrimoniale e il fratello in un lettino vicino. Chiusa la porta dicendo di uscire per fare un giro, ha indossato un paio di guanti e ha aperto il gas. È stato fuori qualche ora e poi è tornato verso l’una. Sente dei gemiti, forse i tre sono ancora vivi. Apre allora la porta della camera per fare entrare meglio il gas e poi esce di nuovo. Rincasato alle 2,30, prima di chiedere aiuto, appoggia la mano del fratello, ormai morto, sul tubo nella speranza che le impronte potessero indirizzare le indagini verso la tesi del suicidio.
Accusato di omicidio premeditato, viene condannato all’ergastolo nel 1966. La sentenza lo definirà “un pezzo di carne con ossa e senza anima né sentimento. Senza dolore o rimorso.”
Nel 1976, in carcere, si laurea in sociologia perché vuole “capire il comportamento degli uomini”, dirà.
Chissà se, e cosa, avrà capito del suo.
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