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Un talk all'Ecomuseo per raccontare le trasformazioni della città

Immagini del Cambiamento

Venerdì 5 maggio è stato presentato presso l’Ecomuseo il progetto “immagini del Cambiamento – Torino prima e dopo”.

Immagini del Cambiamento

un momento del talk durante l'intervento di Marianna Sasanelli

Il progetto “Immagini del cambiamento” parte da un concetto piuttosto semplice. Recuperare fotografie storiche di Torino e della area metropolitana e confrontarle con foto degli stessi luoghi, spesso ricostruendo lo stesso punto di vista, in maniera da rendere visibile e immediatamente intellegibile il cambiamento del territorio urbano.

Immagini del cambiamento è un progetto per costruire insieme e condividere la memoria di come sono cambiati a Torino e nei comuni della cintura edifici, piazze, giardini, fabbriche, zone centrali, periferie. Le trasformazioni sono documentate dal confronto tra fotografie degli scorsi decenni e gli stessi scorci oggi.” (dalla sinossi del sito del progetto)

Il progetto è stato presentato dagli autori Luca Davico, Paola Guerreschi e Luisa Montobbio del Dipartimento DIST del Politecnico e Università di Torino; l’occasione è stata utile per riflettere in particolare sulle trasformazioni che hanno interessato e che interesseranno Settimo Torinese.

L’architetto Camillo Direttore del Settore Ambiente e Territorio della città di Settimo Torinese (nonché padre nobile dell’urbanistica settimense) ha focalizzato l’attenzione sul difficile rapporto che si pone tra Torino e la cintura torinese; un sistema urbano unico e integrato che tuttavia non ha mai avuto una forte visione e una pianificazione integrata.

Alessandro Raso, Assessore all’Ambiente, ha invece posto l’attenzione sui progetti che si stanno avviando grazie ai contributi del PNRR e che si svilupperanno in continuità con il processo di trasformazione post-industriale che caratterizza la città da più di 20 anni.

Il progetto “Immagini del cambiamento” parte da un concetto piuttosto semplice. Recuperare fotografie storiche di Torino e della area metropolitana e confrontarle con foto degli stessi luoghi, spesso ricostruendo lo stesso punto di vista, in maniera da rendere visibile e immediatamente intellegibile il cambiamento del territorio urbano.

Il progetto “Immagini del cambiamento” parte da un concetto piuttosto semplice. Recuperare fotografie storiche di Torino e della area metropolitana e confrontarle con foto degli stessi luoghi, spesso ricostruendo lo stesso punto di vista, in maniera da rendere visibile e immediatamente intellegibile il cambiamento del territorio urbano.

Quello che ne esce fuori è un susseguirsi di racconti fatti di immagini. Un progetto che vuole rappresentare il cambiamento della forma urbana ma che inevitabilmente finisce per rappresentare l’evoluzione del sistema di valori della nostra società.

Metti insieme due immagini ed otterrai una dinamica; una direzione, un cambiamento appunto. Qualcuno ha detto che il cinema non è altro che una sequenza di fotografie. Ne consegue che per fare cinema, o più semplicemente per raccontare una storia, sono sufficienti due immagini. Due immagini descrivono un punto di partenza e un punto di arrivo. Un racconto.

Una fotografia singola è già di per sé un messaggio capace di comunicare una storia. La fotografia è frutto sempre di una scelta. A partire dall’inquadratura tutto racconta una storia e comunica un messaggio; qual è l’oggetto della foto, cosa viene lasciato dentro, ma anche cosa viene lasciato fuori dal perimetro della foto.

Ciò che viene lasciato fuori dalla foto è spesso la cosa più significativa del racconto per immagini.

Le immagini che abbiamo deciso di fare nei decenni passati raccontano molto di come era fatto quel mondo che ne viene rappresentato, ma raccontano ancora di più degli autori di quelle foto. Quali erano i valori di quelle persone, cosa si riteneva degno di essere rappresentato, cosa invece apparteneva al mondo delle esclusioni.

Foto di Vito Lupo tratta dal sito del progetto

Si sceglie di fotografare per evidenziare un fenomeno, per denunciare un disagio o per celebrare una cosa che ci gratifica.

Foto di Vito Lupo tratta dal sito del progetto

Esiste ovviamente l’errore, la foto sbagliata, quella non intenzionale. Anche in questo caso chi ci ha preceduto ha compiuto almeno la decisione di conservare quella immagine e conservarla.

Posso decidere di rappresentare un fenomeno se ho conoscenza e consapevolezza di quel fenomeno. Tuttavia, non è possibile oggi prevedere cosa potrà essere significativo nel futuro.

Noi che leggiamo oggi quelle immagini possiamo confrontarle proprio andando a vedere cosa mancava e cosa oggi per noi è degno di attenzione.

Lorenzo Bernardi, che ha moderato l’evento, a un certo punto ha posto una domanda da un milione di dollari; non ho preso appunti ma la domanda più o meno si concentrava proprio su quali saranno le trasformazioni dei prossimi dieci anni.

Quale sarà quindi l’assenza, quale sarà la direzione che prenderanno gli eventi nel futuro? Quale sarà il filtro da applicare alla realtà che ci circonda e che ci fornirà gli strumenti per interpretare il nostro presente.

Il passato stesso è un’invenzione piuttosto recente. Abbiamo preso consapevolezza che la società subisce un cambiamento nel momento in cui questo cambiamento è diventato talmente forte e veloce da essere percepibile nell’arco della vita di un singolo essere umano.

In quel momento abbiamo preso coscienza di una mancanza e abbiamo ritenuto necessario preservare quella mancanza; il passato che non torna è diventato per noi un valore insostituibile. Abbiamo cominciato a raccogliere documenti e testimonianze, abbiamo cominciato a preservare monumenti, per ricordarci come eravamo. Per illuderci di poter conservare e replicare un mondo che ormai non esiste più.

La necessità di rappresentare questa differenza racconta quindi moltissimo di noi. Al tempo stesso ci permette di confrontarci con noi stessi. Come fare un punto nave sulla direzione che vogliamo prendere.

Le città non saranno mai uguali a loro stesse, cambieranno forma ma cambierà anche la percezione che i loro abitanti ne avranno. È la percezione che genera il cambiamento, sia come interpretazione della realtà, sia come spinta e motore del cambiamento.

La percezione della modernità che ispirava l’automobile ha portato a riempire le strade e le piazze di automobili.

La percezione del valore di un monumento o più semplicemente di uno spazio condiviso ha portato a liberare quegli spazi dalle auto. Le fabbriche hanno lasciato il posto ai servizi, il lavoro ha lasciato spazio (è proprio il caso di dirlo) al tempo libero.

Per quanto fatichiamo ad ammetterlo la nostra scala dei valori è oggi molto meno attenta alla sopravvivenza e molto di più alla qualità della vita. Il Progetto “Immagini del cambiamento” mostra questa evoluzione antropologica in maniera netta e auto esplicativa.

In un periodo in cui il valore principale della comunità era lo sviluppo industriale, si sono costruite fabbriche, si sono abbattuti monumenti storici, si è consumato suolo e ridotto il verde.

Oggi che la rivoluzione industriale ha esaurito la sua spinta, si fanno avanti nuove forme di organizzazione sociale e nuovi modelli produttivi; nuovi modi di stabilire relazioni e convivenze.

In tutto questo non esiste una classifica dei valori, non esiste una risposta corretta o univoca, una graduatoria tra due universi. Oggi si sta meglio o si sta peggio rispetto a ieri, un’altra questione posta da Lorenzo Bernardi un po’ provocatoriamente.

Non è questione di meglio o peggio tra due mondi distanti e ormai profondamente diversi. È semmai una questione di lavorare per costruire organizzare e governare un territorio che sia il più possibile aderente ai valori della società che vi si immerge.

Quale modello di società vogliamo costruire quindi?

 

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