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Settimo Torinese

L'Orco e il Messia

C’era una volta un Orco cattivo che si era insediato in un territorio bellissimo. 

Nessuno tocchi i servizi sanitari al piano terra dell'ospedale di Settimo Torinese

Elena Piastra

C’era una volta un Orco cattivo che si era insediato in un territorio bellissimo. 

L’Orco si faceva chiamare Sindaco ma in realtà nessuno degli abitanti di quella capitale lo voleva. Una antica profezia aveva predetto che sarebbe prima o poi arrivata una messia e che, in tale occasione, la storia sarebbe stata riscritta, anzi sarebbe stato fissato l’anno zero. L’orco, che un’ordinanza della messia, aveva proibito di chiamarlo per nome o appellarlo come Sindaco, era arrivato a bordo di un’astronave (probabilmente sovietica) con molti altri alieni che si erano insediati in quel territorio idilliaco. 

In quell’epoca preistorica i residenti votavano ancora in molti. Oltre il 50% votava, per tradizione, il primo simbolo in alto a sinistra, con la falce e con il martello. Ignoranti, sporchi, puzzolenti di olio e gomma, di chimica e di ferro, quegli abitanti pretendevano servizi, scuole, mense scolastiche, asili, luoghi per ballare e suonare, ma anche pulizia, ordine pubblico, fognature. A questo scopo fondarono partiti e associazioni, cooperative e sindacati.

Nel 1980 l’Orco divenne consigliere comunale e poi assessore. Non c’erano i social e neppure le macchine fotografiche e le cineprese (non so proprio come facessero) e nella capitale mancava tutto. Da poco si erano superati i doppi turni nelle scuole medie ed elementari grazie ai cospicui investimenti realizzati dal Comune e dalla Provincia. Le fognature coprivano meno del 30% della città. Mancavano case decenti per gli operai e luoghi in cui riunirsi. Mancava teatro, auditorium, ospedale, parchi, impianti sportivi, trasporti pubblici. 

L’Orco si occupò della difficile riorganizzazione dei trasporti pubblici intercomunali e nacquero la linea 51 (che non andava ancora al Borgo Nuovo) e il 49. Nel 1982 l’Orco assieme ad altri due comuni in Italia utilizzò una legge dello Stato (Ministro al Lavoro il socialista De Michelis) per integrare lo stipendio ai cassaintegrati della CEAT in cambio di lavori socialmente utili. Il Mulino Vecchio di via Castiglione veniva ristrutturato e messo a nuovo proprio dal gruppo di quei cassa integrati. Nasce anche l’ECOMUSEO grazie ad alcuni cittadini che si associarono proprio nel mulino vecchio ristrutturato (tra questi la mamma dell’Orco). L’associazione si chiamava ARIA (tutto attaccata o forse no).

L’ECOMUSEO (tutto attaccato) venne poi trasferito al mulino di via Ariosto, ristrutturato grazie ad una comune iniziativa della maggioranza di pentapartito e dell’opposizione comunista e all’utilizzo dei fondi Europei messi a disposizione dalla Giunta anomala (DC – PCI). L’Orco cattivo partecipò a tutti gli incontri e, insieme ad altri, fu protagonista di quella ristrutturazione. 

Ma adesso possiamo fermarci qui, altrimenti l’Orco rischia di diventare Principe, e riprendere la narrazione dall’arrivo della messia. Settimo Torinese, così si chiamava quella terra occupata da orchi, l’aspettava da tempo, da 7 anni esattamente (forse potrebbe essere questa l’origine del nome Settimo).

7 lunghi anni di traversata nel deserto come si addice a ogni Santa. Prima come Assessore nella tana dell’Orco e poi Vice Sindaco con delega alla cultura degli intrighi. E finalmente arrivò l’anno zero. Il passato poteva essere cancellato. No,

Il futuro sono io, amava dire la messia guardandosi nello specchio magico, mentre si sorrideva e applaudiva da sola. Peccato che poi, anche dallo specchio, emergesse l’immagine di quella città, che capitale non era, piena zeppa di storia.

anzi, riscritto a piacimento. Di qui i buoni, seguaci della messia, e di là i cattivi, quelli che si oppongono. I più cattivi di tutti restano però quelli che hanno la pretesa di ricordare il passato e, soprattutto che si permettono di criticare il presente e di fare proposte per il futuro.  Il futuro sono io, amava dire la messia guardandosi nello specchio magico, mentre si sorrideva e applaudiva da sola. Peccato che poi, anche dallo specchio, emergesse l’immagine di quella città, che capitale non era, piena zeppa di storia. Peccato che ogni servizio, opera pubblica, progetto, realizzazione concreta rimandasse ad un passato pieno di impronte dell’Orco e, a ben vedere, della messia non si intravedevano che scarse e sporadiche tracce per lo più sulle pagine virtuali dei social che come si sa, spariscono rapidamente.  Incominciavano invece, qua e là, ad affiorare vistose tracce di incuria, sciatteria, abbandono dovute da una scarsa considerazione dell’obbligo, primo per ogni amministrazione, di conservare e curare l’opera di chi ti ha preceduta. 

Fuori dalle favole raccontate dalla Sindaca aderisco volentieri all’appello lanciato dal direttore del giornale la VOCE di un confronto diretto e pubblico sul passato, presente e futuro della città. 

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