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Settimo Torinese
17 Febbraio 2023 - 10:57
La sala Primo Levi della Biblioteca Archimede era gremita, venerdì 10 febbraio, per l’iniziativa promossa dalla sezione «Guerrino Nicoli» dell’Anpi, celebrandosi il Giorno del ricordo. E una parte del pubblico ha assistito in piedi, non avendo trovato posto. «La ricorrenza – è stato detto – riveste grande importanza nel calendario memoriale della nostra Repubblica: è indispensabile celebrarla non per alimentare odi e rancori, ma per comprendere, con sentimento di solidarietà e fraternità verso tutti coloro che hanno tanto sofferto, come sempre ci ricorda il presidente della Repubblica».
Apprezzata e applaudita è stata la conversazione dello storico Silvio Bertotto dal titolo «Il mio animo diviso», sulla letteratura dell’esodo istriano, giuliano e dalmata. Dopo un’articolata premessa sulle cause e i tempi della fuga in massa dalle province annesse dalla Jugoslavia al termine della seconda guerra mondiale (280-300 mila persone, delle quali un 15 per cento erano sloveni e croati), il relatore ha spiegato che la letteratura dell’esodo consente di mettere a fuoco i motivi, le caratteristiche, le dinamiche, le conseguenze e, soprattutto, il lato umano di un dramma che fu individuale e collettivo. «Il dramma – ha precisato Bertotto – di coloro che decisero di partire e il dramma di coloro (pochi, in verità) che scelsero di rimanere. Proprio nella letteratura, questi ultimi trovarono uno strumento per mantenere viva la propria italianità». Il relatore si è particolarmente soffermato su sette autori fra i più importanti (Enzo Bettiza, Marisa Madieri, Nelida Milani, Anna Maria Mori, Fulvio Tomizza, Mario Schiavato e Antonio Pellizzer), dei quali Graziella Nucci ha letto alcuni brani significativi. «Prima degli storici, sono stati i narratori – ha chiarito Silvio Bertotto – a cogliere ed esprimere il dramma dell’esodo nella sua complessità. Qualcosa di molto simile era avvenuto per la Resistenza italiana: Cesare Pavese, Beppe Fenoglio e Carlo Cassola, fra gli altri, precedettero gli storici. Anche per le stragi delle foibe e l’esodo, i narratori hanno saputo anticipare suggestioni, temi, intuizioni e interpretazioni. Con molta efficacia, i narratori ci rendono partecipi dei sentimenti di coloro che dovettero abbandonare la terra d’origine, vivendo una brusca cesura con la propria identità, ben consapevoli che il ritorno sarebbe stato impossibile. Come scrive Anna Maria Mori, dopo l’esodo c’è il tempo dell’esilio: più che i corpi riguarda le anime.
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