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Denunciate cittadini, fermare i nostalgici si può

il caso di Ravenna e alcune considerazioni su Ivrea

Denunciate cittadini, fermare i nostalgici si può

Norma Cossetto

Il caso di Ravenna presentato qui sotto non si può certamente equiparare con Ivrea. A Ravenna veniva commemorato un gerarca fascista di primo piano, che dopo la sua morte dette il nome ad un famigerato reparto della repubblica sociale italiana.

A Ivrea sarà commemorata una giovane istriana che, benché di famiglia fascista, non meritò le sevizie e la morte. Il caso di Norma Cossetto si inscrive nel tentativo di normalizzazione tentato da Luciano Violante che, probabilmente per essere eletto Presidente della Repubblica con voti bipartisan, cercò di lanciare l’idea di equiparazione fra tutti i caduti della guerra, senza più distinguere tra chi si era battuto per la libertà e chi invece per mantenere feroci dittature.

Man forte venne dal Presidente Ciampi che concesse la medaglia al valore alla giovinetta: come negarla ad una povera vittima?!

Forse allora si poteva, vista la provenienza della proposta: l’estrema destra. A far da corollario, l’istituzione del Giorno del Ricordo in alternativa al Giorno della Memoria.

Et oplà: ecco la contrapposizione tra vittime dei nazifascisti e vittime dei partigiani, messe sullo stesso piano, rivalutate e commemorate senza più vergogna. 

Ora è troppo tardi per fermare questa offensiva dell’estrema destra, che raccoglie consensi e delibere a favore in tanti Comuni italiani?

Non è troppo tardi. Solo più difficile, perché ci si batte con usanze consolidate, prefetture e magistrature che non sanno riconoscere l’apologia (magari nascosta) di fascismo.

Come andrà la faccenda di Ivrea? Chissà.

Noi, come Anpi, continuiamo a chiedere alla Giunta comunale di ritirare il Patrocinio.

Prendiamo atto della dichiarazione di antifascismo (la diamo per scontata), ma vorremmo evitare almeno che il buon nome della Città di Ivrea (Città della Resistenza) appaia su manifesti della cerimonia che si terrà l’8 ottobre ad opera dell’estrema destra.

Per quello che potrà servire, chiediamo al Comune di vigilare attentamente affinché nella cerimonia non appaiano simboli fascisti o apologia di fascismo, ed invitiamo altresì i Cittadini a mandare inviti in tal senso a Sindaco e Giunta: “Desistete, vi preghiamo!”

Apprendiamo che già nei tre anni precedenti la vecchia giunta aveva autorizzato la cerimonia, che si era svolta quasi inosservata. Quest’anno il caso è uscito allo scoperto e come Anpi, come antifascisti, non possiamo ignorarlo.

Mi risulta poi che l’Amministrazione ancora precedente aveva adottato un regolamento comunale che vieta l’occupazione di aree pubbliche da parte di organizzazioni in qualche modo ispirate al fascismo.

Chissà se si può ripescare quel regolamento per usarlo in questo caso, visto il nome dei richiedenti?

E se proprio non sarà possibile far qualcosa, non ricascateci il prossimo anno.

Come ci insegna il caso di Ravenna esposto qui sotto, gutta cavat lapidem. Se non sarà quest’anno, lo sarà in futuro. Noi perseveriamo…

Mario Beiletti

 

Denunciate cittadini, fermare i nostalgici si può

Tratto da Patria Indipendente, rivista dell’Anpi

 

A Ravenna quest’anno niente commemorazione del gerarca Ettore Muti. L’associazione che le organizzava: “troppi esposti e querele”

Ogni anno in decine si recavano a Ravenna, sul canale Candiano, dove, nel cimitero monumentale, erano le spoglie del gerarca Ettore Muti, fascista della prima ora, segretario del Pnf dal 1939 al ’40, morto il 24 agosto 1943 a Fregene (RM), ucciso dai carabinieri che dovevano arrestarlo. Dopo l’8 settembre, nell’Italia occupata nacque prima una squadra di azione a lui intitolata e poi con la Rsi un battaglione ausiliario della Gnr, per diventare infine Legione autonoma. Che, spietata e famigerata, operò soprattutto a Milano e nel Cuneese. I suoi militi si renderanno responsabili di rastrellamenti, torture e violenze, e della strage di Piazzale Loreto.

 

Eppure senza vergogna in ogni anniversario un’associazione chiamava all’adunata, in passato davanti alla tomba del gerarca, poi da quando, sei anni fa, le spoglie sono state traslate dalla famiglia in una località segreta, l’appuntamento era al Monumento al Marinaio, in prossimità della chiesa del cimitero.

 

Ravenna nel giugno 2018 ha adottato un regolamento comunale che vieta ogni spazio pubblico a organizzazioni e associazioni che si richiamano a fascismi, razzismi e xenofobia, concedendo l’autorizzazione solo previa sottoscrizione di una dichiarazione di rispetto della Costituzione Italiana, con riferimento alla XII disposizione, e delle leggi Scelba e Mancino. In caso di infrazione sono previste multe. Una scelta per cui l’Anpi (che in tutta Italia si è spesa per l’approvazione di questo tipo di delibere) espresse soddisfazione al sindaco Michele De Pascale.

Imperterriti i nostalgici erano disposti a pagare e anche a rispondere in tribunale delle trasgressioni alla norma. Ma se confidavano su un allentamento della vigilanza democratica, avevano fatto male i conti: cittadini e realtà democratiche hanno continuato a presentare denunce, come ha fatto lo scorso anno l’Anpi provinciale ravennate, guidato da Renzo Savini. “E da oggi, 80° dell’8 settembre, ci prepariamo più lieti – dichiara il presidente Savini – a festeggiare un calendario di ricorrenze che arriverà all’aprile 2025. Ravenna è Medaglia d’Oro per la Resistenza, da cui nacque la Costituzione, ed è la citta di Arrigo Boldrini, il leggendario partigiano comandante Bulow. Fu lui l’8 settembre 1943 a organizzare un comizio in piazza Garibaldi per richiamare alla lotta contro l’occupante nazifascista”.

 

La foto immortala un altro comizio del comandante Bulow. Dopo l’insurrezione nazionale e la vittoria della lotta di Liberazione, Arrigo Boldrini parla a Conselice (RA), è il maggio 1945

 

In prima fila per bloccare l’arroganza dei nostalgici la Consulta Antifascista di Ravenna, che ha presentato numerosi esposti e adesso esulta con il presidente Carlo Boldrini (figlio di Bulow) e rilancia. In un comunicato scrive: “I neofascisti si sono arresi e hanno rinunciato. Secondo la Corte Costituzionale la libertà di espressione se calpesta un altro diritto è limitabile, come in questo caso, perché è apologia del fascismo e il fascismo è escluso dalla libertà di espressione”. Prosegue Boldrini: “Finalmente i ripetuti esposti alla Procura promossi dalla Consulta Antifascista di Ravenna, firmati da numerose decine di cittadini contro i neofascisti organizzatori; le multe per violazione del regolamento comunale, che vieta celebrazioni fasciste in quelle aree; i numerosi comunicati stampa di protesta democratica e le petizioni al Prefetto, li hanno al fine fiaccati e fermati”. Da qui l’invito esteso a tutte le comunità di “adottare un regolamento comunale che vieta l’occupazione di aree pubbliche (quali anche quelle cimiteriali) insidiate da manifestazioni neofasciste con relative forti multe. Entrambi, regolamento e multe, sono stati convalidati da Tar e Giudice di pace”.

 

Il suggerimento inoltre è di presentare “esposto alla Procura nel caso si tengano tali raduni in luoghi pubblici, segnalando l’apologia di fascismo, aggravata se i partecipanti gridano “camerata…presente” o facciano saluti fascisti. Questi sono reati”. Infine non va sottovalutata “l’importanza mediatica di comunicati stampa di protesta e di petizioni al Prefetto”.

 

Va detto che spesso le manifestazioni sono autorizzate e che la giurisprudenza non è univoca.

Proprio a Ravenna lo scorso marzo in trenta hanno visto il loro caso, risalente alla manifestazione di tre anni fa, archiviato. Questa volta però l’indignazione democratica ha ottenuto il risultato auspicato. È stato proprio l’ex responsabile territoriale dell’associazione che organizzava il raduno a gettare la spugna e dichiarare la resa: “Da quest’anno non si faranno più, troppi esposti e querele”.

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