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Sanità

"Il vaccino è come un TSO": infermiera No Vax vince la causa a Ivrea, ma perde in Appello

La Corte d'Appello di Torino definisce l'atteggiamento dell'infermiera dell'ospedale di Castellamonte "furbesco"

No Vax

Infermiera in una foto d'archivio

“Voglio essere vaccinata ma non voglio prestare il consenso ad essere vaccinata perché mi sento obbligata”.

Per ia sezione Lavoro della Corte d’Appello di Torino, la “sceneggiata - così viene definita nelle motivazioni della sentenza depositate in questi giorni - posta in essere dall’appellata all’hub vaccinale è stata solo un atteggiamento ostruzionistico e furbesco, teso ad evitare la vaccinazione cercando di addossare ad altri la responsabilità della scelta, che invece è stata esclusivamente sua”.

Parliamo del caso dell’infermiera No Vax, originaria di un Comune dell’eporediese e in servizio all’ospedale di Castellamonte, che il 4 settembre 2021 si presentò all’hub vaccinale di Cuorgnè insieme ai suoi legali spiegando al medico vaccinatore che si sarebbe vaccinata, ma non avrebbe firmato il consenso informato. 

Il medico si rifiutò di procedere con la vaccinazione e, di conseguenza, l’infermiera venne sospesa dal servizio e dalla retribuzione con provvimento dell’Asl To 4 del 16 settembre 2021.

Venne poi reintegrata pochi mesi dopo, il 21 gennaio 2022, dal momento che avendo contratto il Covid ed essendone guarita, l’obbligo vaccinale venne differito per la durata di sei mesi.

All’epoca la vicenda ebbe molto clamore.

La sentenza favorevole all'infermiera in tribunale a Ivrea

Il tribunale di Ivrea

L’infermiera, che considerava la vaccinazione obbligatoria l’equivalente di un trattamento sanitario obbligatorio,  infatti si rivolse al tribunale del Lavoro di Ivrea, assistita dagli avvocati Cinzia Persico e Marco Pinato, per chiedere il pagamento delle retribuzioni che le sarebbero spettate dalla data della sospensione fino alla riammissione in servizio. Il giudice di primo grado le diede ragione e condannò l’Asl a pagare le retribuzioni maturate e non percepite dalla data della sospensione a quella effettiva della riammissione.

L’Asl non avrebbe provato l’inesistenza di mansioni che non implicassero contatti interpersonali e, anzi - leggiamo dalle carte giudiziali - "tale affermazione risultava smentita dalla stessa delibera dell’Asl che aveva riservato le attività in relazione alle quali sarebbe stata possibile la ricollocazione ai soggetti che non possono vaccinarsi per “accertato pericolo per la salute” ed ai soggetti fragili, a dimostrazione dell’esistenza di posti utili ai fini della ricollocazione dei non vaccinati”. 

In primo grado, in buona sostanza, il tribunale riconobbe all’infermiera un diritto incondizionato alla ricollocazione in qualunque posto vacante che non implichi contatti interpersonali. 

Il ricorso in Appello e la vittoria dell'Asl

Con l’avvocato Andrea Castelnuovo, l’azienda sanitaria locale presentò ricorso in Corte d’Appello e, alla fine, i giudici di secondo grado hanno ribaltato il giudizio, ritenendo “ragionevole e non arbitraria la decisione di un’azienda sanitaria pubblica di riservare i posti di lavoro che non implicano rischi di diffusione del contagio ai soli operatori sanitari che non possono vaccinarsi per ‘accertato pericolo per la salute e ai soggetti fragili’”.

Dunque, per la Corte d’Appello la sospensione dal servizio e dalla retribuzione dell’infermiera risulta pienamente legittima. Anche perché, si legge, “l’appellata non ha saputo fornire indicazioni circa l’esistenza, nelle strutture dell’Asl To 4, di posizioni disponibili che non implichino rischi di diffusione del contagio, né ha dedotto di essere in possesso delle competenze professionali per svolgere proficuamente mansioni di tipo impiegatizio, amministrativo o contabile”.

La soddisfazione dell'avvocato Castelnuovo

Soddisfatto per l’esito della vicenda l’avvocato Andrea Castelnuovo del foro di Torino, che commenta così: “Contavo  sul fatto che la corte d’appello avrebbe rimesso questa vicenda in linea con la giurisprudenza di praticamente tutti i Tribunali d’Italia, dei Tar e del Consiglio di Stato: mi sono occupato di molte cause e questa sentenza di Ivrea era decisamente in controtendenza rispetto a tutte le altre decisioni”.

L'avvocato Andrea Castelnuovo

L’idea della ricorrente che l’obbligo vaccinale - aggiunge -, che alla fine dei conti è semplicemente un requisito per poter lavorare al pari della laurea e della specializzazione, che fosse un TSO  francamente era inaccettabile e la Corte d’Appello lo ha chiarito in maniera cristallina.

Però il vero tema della causa era se la Asl, ogni qualvolta un operatore sanitario non volesse vaccinarsi, dovesse andare alla ricerca di un posticino comodo e tranquillo per lui. Secondo il tribunale sì, secondo la Corte d’Appello assolutamente no. Anche  perché la nostra  Asl, come tutte le altre, ha fatto una delibera equa e ragionevole per assegnare i pochissimi posti disponibili agli operatori sanitari non vaccinati non per volontà, (il più delle volte metafisica e antiscientifica ), ma per necessità clinica. Sono casi che si contano sulle dita di mezza mano, così come i posti disponibili che non possono essere sprecati. Dunque esprimo grande soddisfazione per questa vittoria”.

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