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15 Gennaio 2020 - 16:30
Nel Regno di Sardegna i funzionari e quanti altri si rendessero debitori di “danaro Regio”, venivano sottoposti ad una particolare forma di coercizione preventiva, l’alloggio militare.
In linea di principio le Regie Costituzioni (Libro VI, I, 12) stabilivano che spettava alla Regia Camera dei Conti “esame, ed arresto dei conti di tutti li Tesorieri, Ricevidori, ed altri Amministratori, o Contabili di denaro Regio, o di altre cose appartenenti al nostro Demanio, o Patrimonio, servate puntualmente le regole da Noi stabilite nelle Costituzioni delle Nostre Finanze, ed altre Aziende; ma costringere i debitori a pagare ai loro tempi sarà incombenza del Generale delle nostre Finanze”.
In realtà ad occuparsi della situazione nelle Provincie era delegato l’Intendente, materialmente dipendente dal Generale delle Finanze e sostanziale longa manus del governo in loco.
L’istituto consisteva in questo. All’inadempiente (Tesoriere, Collettore, Ricevitore, debitore di denaro pubblico e via discorrendo) per disposizione dell’Intendente, dopo la messa in mora (“interruzione” del conto) e l’ingiunzione di pagamento, veniva comminato con decreto l’alloggio militare.
Gli venivano cioè spediti in casa per più giorni uno o più soldati, che dovevano essere alloggiati e mantenuti a tanto al giorno (l’importo era indicato nel decreto e maggiorato delle spese di viaggio di andata e ritorno) i quali ogni mattina “ricordavano” in forma solenne al debitore di pagare il dovuto dandogli lettura del provvedimento e con maniere non certo da educande.
Sicché al disagio di avere in casa a farla da padrone degli ospiti indesiderati, ingombranti e non paganti, si aggiungeva la noia di sentirli ripetere ogni giorno sempre lo stesso ritornello. La misura doveva avere (o si presumeva avesse) sull’inadempiente moroso un indubbio effetto psicologico e la figuraccia con relativa pubblicità era assicurata.
Che ciò servisse realmente ad ottenere un rapido pagamento del debito è dubbio (se i soldi proprio non c’erano, non si potevano trovare) ma tant’è. Facile immaginare gli inconvenienti e soprattutto gli abusi.
All’uopo il decreto invitava tassativamente il debitore a non effettuare pagamenti a mani dei soldati alloggiati (ai quali il Governo evidentemente non accordava alcuna fiducia) sotto pena di nullità. L’importo giornaliero d’alloggio andava ad accrescere il debito principale e l’inadempiente era tenuto a pagare il tutto.
Da un lato lo Stato risparmiava sul vitto, dall’altro la solennità delle reiterate ammonizioni, in un ambiente in cui certe cose ancora contavano, aveva il suo peso. In caso di mancato effetto dell’alloggio militare, decorso il termine per il quale esso era stato stabilito, i soldati venivano ritirati nei propri alloggiamenti e si dava corso agli atti esecutivi nei confronti del debitore, con il pignoramento e la vendita dei beni, nei modi e tempi stabiliti dalle Regie Costituzioni.
I minuziosi elenchi dei beni mobili oggetto di pignoramento sono spesso godibile lettura e costituiscono, a distanza di tanto tempo, un pregevole elenco di oggetti di piccolo antiquariato e vita quotidiana vissuta.
Articolo tratto dalla rivista Canavèis
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