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ATTUALITA'. Il monitoraggio del lupo: una fotografia delle Alpi

ATTUALITA'. Il monitoraggio del lupo: una fotografia delle Alpi

Lupo (foto d'archivio)

ATTUALITA'. Il primo monitoraggio nazionale del lupo è stato condotto tra il 2020 e il 2021 seguendo linee guida condivise, che hanno permesso una raccolta dati omogenea e risultati confrontabili su tutto il territorio italiano. Per la popolazione delle regioni alpine (cioè dalla Liguria lungo tutto l’arco arrivando fino al Friuli) le attività di monitoraggio, di analisi e di elaborazione dei dati sono state coordinate dal Centro referenza grandi carnivori del Piemonte e dall’Università di Torino (DBIOS) nell’ambito del progetto Life WolfAlps EU, coordinato dalle Aree Protette Alpi Marittime. Tutto si è volto in stretta sinergia con ISPRA, responsabile del coordinamento su scala nazionale. Il lavoro degli esperti è stato imponente ed è durato dall’ottobre 2020 fino a qualche settimana fa. Metodi e dati della ricerca “Il campionamento sul territorio è avvenuto da ottobre 2020 ad aprile 2021 - spiega Francesca Marucco, zoologa, docente universitaria a Torino e referente scientifico del programma - poi le analisi genetiche dei 1500 campioni hanno richiesto otto mesi di lavoro, e infine si è passati alle analisi statistiche”. Anche il personale impiegato è stato imponente: “Abbiamo coordinato e formato 1513 operatori afferenti a 160 enti su tutte le province dei territori alpini - prosegue Marucco -. Parliamo di carabinieri forestali, parchi nazionali e regionali, Città Metropolitana, comprensori alpini e via dicendo”. Il lavoro è stato molto capillare e al momento è unico nel suo genere. E i risultati sono interessantissimi. “Su tutte le regioni alpine - spiega la zoologa - abbiamo documentato 124 branchi di lupi, chiamati anche ‘unità riproduttive’. Ogni branco è formato da una coppia con figli e sono suddivisi territorialmente. Il numero di lupi che abbiamo individuato ammonta a 946 esemplari, con una forchetta di credibilità che passa tra gli 822 e i 1099”.
Per ottenere questa stima, gli operatori hanno percorso 40mila 725 chilometri in totale, alla ricerca di tracce che potessero documentare la presenza dei lupi, come gli escrementi. Dopodiché, tramite le analisi genetiche si riesce a capire la composizione del branco: chi è la madre, chi il padre, chi i figli. “Le stime dicono che in Piemonte ci sono 80 branchi: i 2/3 dei branchi presenti sulle Regioni alpine, - commenta Marucco - e in Provincia di Torino ce ne sono 18”. La nostra Regione, dunque, ha decisamente qualcosa da dire in merito. E ciò che ci si aspetta è che i lupi aumentino. Ad oggi ci sono 680 esemplari tra Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, tutti divisi per territori. Questo fa sì che gli studiosi sono sicuri che dove c’è un branco non ce n’è un altro sovrapposto, perché questo genererebbe conflitti pesantissimi tra le due “famiglie”. Così, i lupi più giovani si spostano dove i territori sono più liberi. Siccome in questo momento le zone di montagna sono quasi completamente saturate (cioè non ci sono più posti per nuove famiglie), i nuovi lupi si spostano sempre di più verso la pianura.
E se questa è indubbiamente una buona notizia per chi si occupa di studiare la specie, talvolta lo è meno per chi svolge attività in contrasto con la presenza del lupo. Come, ad esempio, la pastorizia, per cui la presenza del lupo rappresenta una vera e propria minaccia. “La relazione con gli ungulati, invece, è completamente sostenibile” conclude la studiosa dell’Università di Torino. L’importanza del Piemonte Luca Giunti è guardiaparco nelle aree protette delle Alpi Cozie. Segue il progetto LifeWolfAlpsEU da moltissimo tempo, e, oltre a contribuire in prima persona alla raccolta delle tracce, si occupa di divulgare i risultati delle ricerche che il progetto porta avanti. “Nel 1970 i censimenti davano circa cento esemplari tutti concentrati in centro Italia” racconta Giunti. “Negli anni a venire, diverse Regioni si sono dedicate al censimento della specie, e tra queste c’è il Piemonte”. E infatti, Ispra ha poi adottato il protocollo piemontese per cominciare le ricerche nel contesto di quest’ultimo progetto. Anche la produzione scientifica si è polarizzata in Piemonte: “Quando mi sono laureato io in scienze naturali con una tesi sul lupo, l’80% di bibliografia era straniera. Oggi, invece, l’80% della bibliografia di una tesi analoga sarebbe piemontese” racconta il guardiaparco.
Che aggiunge: “Siamo orgogliosi di lavorare in Piemonte: io posso fare una conferenza sul lupo solo perché dietro di me c’è una squadra di centinaia di persone che ogni giorno raccolgono gli escrementi e li usano per le analisi genetiche”. Giunti, che ha partecipato in prima persona al progetto, è molto soddisfatto del risultato finale e del modo in cui è stato esposto: “Indicare la forchetta di un dato scientifico è indice di serietà di questo dato - spiega -. La mia professoressa di matematica diceva che se qualcuno dice un numero non il margine di errore ti sta imbrogliando”.
Un risultato così buono è anche dovuto all’attività di monitoraggio che ha resa la stima dei branchi quasi certa: “I branchi non ci sfuggono, magari ci sfugge il numero esatto di esemplari ma i branchi no”. Giunti tiene anche a rimarcare l’importanza dell’analisi genetica: “I giovani lupi si disperdono, vanno via e si spostano di decine e centinaia di chilometri e poi si stabiliscono altrove. Così è difficile capire dove risiedono stabilmente, perché il lupo che a settembre viene visto in Val D’Ala po- trebbe non risiedere lì, ma magari sta solo transitando per andare, ad esempio, in Lombardia. Possiamo saperlo con certezza solo facendo indagini genetiche”. Anche Giunti, come Marucco, pensa che il lupo andrà progressivamente ad espandersi, per lo stesso motivo esposto da Marucco, magari verso la collina torinese. Solo che, mentre i pastori sono tradizionalmente attrezzati a contrastarne la presenza, non è detto che gli abitanti delle colline ne siano in grado.
Per questo, per proteggere il lupo, “bisogna lavorare con le categorie maggiormente toccate dalla sua presenza, cioè cacciatori e pastori”. Anche perché “il lupo è un animale rompiscatole, si adatta a tutto per mangiare e costringe i frequentatori di un territorio a cambiare le proprie abitudini. Addirittura, ci sono alcuni lupi che si sono abituati a mangiare i pesci”. Il monitoraggio in Canavese Uscirà tra quindici giorni un focus dello stesso report completamente incentrato sul Canavese. “Come Città Metropolitana abbiamo avuto un ruolo nel coordinare il programma - racconta la referente Paola Bertotto - e il monitoraggio in Canavese e Valli di Lanzo è stato realizzato anche grazie a realtà come il Cai o l’Asl”.
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