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RIVAROLO. Profughi. Le storie di Boubacar e Madou da sei mesi ospiti all'Hotel Europa

RIVAROLO. Profughi. Le storie di Boubacar e Madou da sei mesi ospiti all'Hotel Europa

Boubacar Camara ha 26 anni. In Mali ha lasciato una moglie e due figli di 8 e 6 anni. Lui è scappato. Tra gli 85 profughi arrivati a Rivarolo, all'Hotel Europa, in fuga dalla Libia. Chi ci viveva, chi ci lavorava. Se ne sono andati, via dalla guerra. "Vorrei portare qua la mia famiglia – dice Boubacar -, non vorrei tornare, quella terra non è sicura". A Rivarolo ci è arrvato lo scorso febbraio, dopo un viaggio di peripezie. "Facevo il muratore, a Kayes – racconta Boubacar nel suo francofono -. Il 31 dicembre 2013 sono andato via. Senza soldi, con niente".

Con l'aiuto di Giuseppe Vernero, educatore della cooperativa "Isola di Ariel", che gestisce il Centro di Accoglienza all'Hotel Europa, il giovane africano ci racconta della traversata dal Mali alle coste su un camion. "Poi, sulle coste libiche – continua – abbiamo trovato gli scafisti. Mi hanno detto: puoi morire qui o in Mali. Sono salito". Partiti alle 20 della sera i profughi sono stati trovati alle 11 del mattino dalla nave San Marco che li ha portati in Sicilia. Esausti, provati dal sole cocente, poi dalla pioggia, dal mare agitato della notte.

"Il viaggio è stato molto duro – ci dice Boubacar – ma nessuno è morto". Sul barcone ha trovato anche Madou Dembele, 18 anni, uno dei ragazzi più giovani della struttura rivarolese. Dalla Sicilia sono stati imbarcati su un aereo. Un primo gruppo è sceso all'aereoporto di Bologna. Boubacar e Madou sono arrivati insieme, in Canavese, il 7 febbraio, nello stesso pullman su cui sono saliti ragazzi, tra maliani e nigeriani, provenienti da altri centri, alcuni scesi anche a Ivrea. I vestiti impregnati di salsedine. Qualcuno aveva sacchetti al posto delle scarpe.

"Ho trovato in Italia dei nuovi amici – prosegue Boubacar, masticando appena l'italiano -. Ma non posso ancora lavorare, non ho un permesso di soggiorno. Vorrei continuare a fare il muratore. Mi piace Rivarolo, sono contento di aver trovato persone come quelle delle Cooperativa che ci ha accolto. Da quando sono arrivato mi sento rispettato. Tutti, sia i bambini che i ragazzi che le donne si fermano epr farmi passare quando attraverso la strada". Un particolare nient'affatto scontato per queste persone che arrivano da una terra carente di regole stradali e in cui i ragazzi sono organizzati in bande per derubare i passanti.

Integrarsi non è facile ma i profughi stanno seguendo corsi di alfabetizzazione italiana. I diplomi sono stati consegnati a luglio al Castello Malgrà. Sono per la maggior parte francofoni ma tra i più poveri c'è chi non sa leggere nè scrivere. Come Madou, proveniente da una famiglia di contadini, mansione che anche lui ha cominciato a svolgere da piccolissimo. Suo padre è morto, non ha notizie della madre, ha una sorella in Spagna. In Mali, dove viveva, la scuola è a pagamento, non tutti ne hanno accesso. Sta imparando in fretta, da zero, che vuol dire riuscire anche solo a prendere una penna in mano, riuscire a stare seduti per qualche ora al banco, difficile per chi è abituato a lavorare sodo la terra. "Vorrei continuare a fare il contadino qui" confida.

Madou è un ragazzo silenzioso, riflessivo, che nonostante la barriera linguistica esprime le fragilità di un qualsiasi diciottenne. E come tutti ama il calcio. Coetanei italiani lo hanno coinvolto, con altri ragazzi del centro, organizzando partite al campo sportivo. "Il calcio è sicuramente la prima forma di integrazione" evidenzia Vernero.

In questi sei mesi i profughi sono stati inseriti in diverse attività. Svolgono attività manuali come il giardinaggio, per rendersi utili, ingannare il tempo che passa lento, trovare opportunità di contatto col resto della cittadina. Nella struttura c'è chi fa il cuoco, chi le pulizie, chi distribuisce il vitto, chi alla reception. L'Amministrazione Comunale li ha coinvolti in attività di pulizia del territorio, con la Protezione Civile, per il passaggio del Giro d'Italia, c'è l'idea di integrarli nel Comitato Locale della Croce Rossa.

Resteranno a Rivarolo fino al termine del percorso di regolarizzazione, nell'ambito del progetto di accoglienza sostenuto sul territorio nazionale tramite fondi europei. Tra settembre e marzo la Commissione Territoriale per l'asilo politico deciderà se concedere l'asilo politico, che equivale al permesso di soggiorno per cinque anni, nel caso sussistano gravi pericoli per l'incolumità personale, oppure la protezione sussidiaria per tre anni, garanzia simile all'asilo politico ma per situazione che sono correggibili nel paese d'origine (è il caso dell'alluvione nel Bangladesh), oppure il permesso di soggiorno per un anno per motivi umanitari, situazione transitoria che potrebbe offrire l'opportunità di trovare un lavoro regolare.

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