Crisi nera in Canavese. La scorsa settimana sono scesi in sciopero, per 8 ore i lavoratori della Dayco di San Bernardo, azienda leader nel mondo nel settore automotive e fornitore delle più importanti case automobilistiche europee, Fiat, Bmw, Volkswagene e Mercedes. Capita questo dopo l’annuncio del possibile trasferimento della produzione in Polonia. E’ vero che non ci sono ancora stati dei licenziamenti, ma lo scorso anno i vertici aavevano già smantellato due reparti e ricollocato il personale a tempo indeterminato lasciando sostanzialmente a casa parecchi interinali. Oggi a rischio ci sarebbero altri 35 posti sui 650 della totale forza lavoro impiegata da Dayco in tutte le sedi del Canavese. La preoccupazione dei lavoratori (come dare loro torto) è che si arrivi ad uno smantellamento vero e proprio. “E' un segnale molto preoccupante che potrebbe rappresentare solo la punta dell'iceberg - tuona in consiglio regionale Francesca Frediani dei Cinquestelle - Troppe volte infatti, nella zona di Ivrea ma non solo, abbiamo assistito allo smantellamento di un intero presidio produttivo avviato con qualche piccolo spostamento di macchinari. A rendere la situazione ancora più assurda sono le condizioni economiche relativamente positive (per quanto ci è dato sapere) della Dayco. Nello stabilimento di San Bernardo non mancano le commesse da importanti società automobilistiche di tutto il mondo. Dunque lo spostamento di un reparto in Polonia potrebbe essere dettato solo da logiche di maggior profitto che comunque potrebbero pregiudicare pesantemente il livello di qualità del prodotto....” Nuova Sinter Sempre a San Bernardo poi c’è l’altra tegola del settore automotive: il fallimento della Nuova Sinter, con l’esercizio provvisorio annunciato dal liquidaore Ivano Pagliero. Il problema qui è tutto legato ai fatturati, passati dagli oltre 21 milioni del 2011 ai 19 milioni dello scorso anno. E’ vero che sono stati messi in vendita i due stabilimenti, quello di Arzano e quello di Ivrea (che occupano insieme un totale di 237 dipendenti) ma ci vorrebbe un compratore. In passato si erano fatti avanti i Canadesi della Steck Pul , ma poi si sono tirati indietro. Ora si dice dell’interesse di una multinazionale indiana, ma non se ne sa di più. E mentre un po’ tutti navigano a vista, i dipendenti, terminati i contratti di solidarietà sono indietro di almeno due mensilità. Se non si troverà una soluzione entro settembre la produzione verrà interrotta. Telis La disperazione si taglia con un coltello anche in casa Telis (ex CellTel) cioè l’azienda che il 19 marzo dello scorso anno fu coinvolta nel rogo che distrusse parte del comprensorio industriale ex Olivetti, a Scarmagno. I giudici del Tribunale di Roma hanno infatti rigettato la richiesta di concordato in bianco presentata mesi fa dal management e questo perchè sarebbero stati pagati alcuni fornitori senza l’autorizzazione della curatela. Il pubblico ministero, nel corso del processo, avrebbe addirittura fatto esplicita richiesta di fallimento, respinta dal giudice che ha invitato l’azienda a ripresentare una nuova procedura di concordatom il che significa non meno di altri 6 mesi di attesa e la messa a rischio delle commesse in corso. Allo stato attuale il debito nei confronti dei creditori ammonterebbe a circa 30 milioni di euro, che in parte sarebero stati garantiti da Telecom e Olivetti con un aumento delle commesse di circa il 20%. Il problema della ricollocazione della produzione è più che mai reale, proprio per non perdere le commesse , quelle vecchie e quelle promesse, con Telecom e Olivetti, ma anche con Enel, Mediaset, Nokia, Hp, Apple, Urmet e Samsung. Perse le speranze di ritonare a Scarmagno, dopo aver visionato almeno una cinquantina di fabbricati ed essersi presi tante porte in faccia, la dirigenza dice di avere sul tavolo due alternative. Una a Torino e l’altra a San Giorgio Canavese a pochi passi dagli stabilimenti Pininfarina. Per salvare il posto di lavoro a 357 persone (di cui 134 in cassintegrazione straordinaria e di queste circa un centinaio lavoravano a Scarmagno) impiegate anche a Pagani e a Roma si deve fare in fretta. Per il futuro si guarda al Brasile e ad una partnership con Enel nel settore dell’illuminazione a led e nel wireless, per il presente l’unica cosa tangibile è il disinteresse di tutti i rappresententanti delle Istituzione, gli stessi che in campagna elettorale sono ventuti da queste parti un giorni sì e l’altro pure. Intanto i sindacati hanno chiesto alla proprietà il pagamento delle retribuzioni arretrate e il versamento del fondo di solidarietà interno che non è mai stato versato. Poi c’è il CIC Anche al Consorzio per l’informatizzazione del Canavese (Cic) s’è fatta la cassa in deroga a zero ore. L’ha fatta tutti i 153 dipendenti (5 operai, 136 impiegati, 12 quadri, di età tra i 30 e i 40 anni). Il problema sta nel calo di ordine pari a circa un milione e 400 mila euro, ma anche nei mancati pagamenti di quei tanti comuni che nel 1985 avevano creato il consorzio, diventandone soci, e oggi, per i più svariati motivi, non riescono a far fronte agli impegni presi. E sono quasi tutti i comuni dell’eporediese (con quote piccole e inferiori all’1 per cento) ma anche e soprattutto il Comune di Ivrea al 24,91 e l’Asl To 4 al 14,12. Tra i cattivi pagatori c’è l’Asm di Settimo Torinese in liquidazione (socio al 13,51) il Csi Piemonte che sta messo anche peggio del CIC (socio al 18,10) e la Provincia di Torino (8, 47) che tra un po’ non esisterà più. Un anno fa i lavoratori rinunciarono al 60% della tredicesima e al 60% della quattordicesima per la situazione di crisi. Lo fecero loro ma non i dirigenti. Ed è su questi dirigenti, ancor più sui consulenti, tra i quali ci sarebbe niente meno che il fratello (Osvaldo Saitta) dell’ex presidente della Provincia di Torino, che in tanti, hanno cominciato a guardare, tra le altre cose scoprendo che sul sito internet dell’azienda partecipata, alla faccia della trasparenza, le informazioni su quanto guadagnano, chi sono e perchè ci sono vanno e vengono come la madonna di Medjugorje. In consiglio comunale la minoranza ha chiesto una commissione d’inchiesta, negata dalla maggioranza che vorrebbe centrifugare ogni forma di dibattito all’interno della commissione lavoro. Il fronte, insomma, è ancora aperto, ma c’è da credere che i guai non sono ancora stati raccontati tutti... Liri Unica nota positiva in un territorio industrialmente massacrato, sempra viverlo solo la Safon (Ex Liri) di Pont Canavese finita nelle mani della Gentas di Ankara. Il gruppo turco ha rilevato lo stabilimento con un contratto d’affitto e un’opzione all’acquisto, che prevede, oltre al passaggio dei 31 dipendenti, attualmente in forza, anche l’impegno ad assumerne altri 90 in mobilità e che sarebbero dovuti rientrare in azienda già a giugno.
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