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08 Giugno 2014 - 09:48
Il carcere di Ivrea
Aveva protestato, opponendosi all'obbligo, imposto dalla direzione del casa circondariale di Ivrea, di condividere quella minuscola cella insieme ad un altro detenuto. Voleva starsene da solo, in pace, avere almeno un piccolo spazio di libertà. Per questo Davide Astone, oggi detenuto in altro carcere, si era rivoltato, il 19 febbraio del 2011, contro alcuni agenti della polizia penitenziaria. Una protesta sentita ma contenuta che però a David Astone è costata il rinvio a giudizio, presso il Tribunale di Ivrea, con l'accusa di resistenza a pubblico ufficiale. L'altra settimana il giudice Ombretta Vanini lo ha assolto "perchè il fatto non sussiste", accogliendo le richieste formulate dall'avvocato difensore Luca Valaguzza del Foro di Monza mentre il Pubblico Ministero Claudia Oberto aveva chiesto la condanna a sei mesi di reclusione.
"Lui non ce l'aveva con gli agenti ma con il sistema carceriario, a ragione o a torto che sia – ha sottolinea l'avvocato Valaguzza -. Lo ha fatto per ritagliarsi uno spazio di umanità, di libertà, e lo ha fatto disperatamente, in un contesto, quello del sovraffolamento delle carceri italiane, che tutti conosciamo. Ma ingiuriato nè minacciato gli agenti, nessuno è stato toccato". Gli stessi agenti, sentiti nel corso del processo, hanno raccontato che in quel periodo, causa il sovraffolamento della casa circondariale, le celle, progettate e pensate per una sola persona, erano state riadattate per contenere due persone. "Era così, in quel periodo – ha raccontato uno di loro -. Cercavamo di sistemare insieme persone della stessa religione, i fumatori con i fumatori, in modo da creare meno disagio possibile". Quel giorno Astone, appena arrivato al carcere, si era aggrappato alle infuriate, rifiutandosi di entrare in quella cella. Urlava che il comandante di reparto lo aveva autorizzato a stare da solo. Per calmare gli animi alla fine la polizia penitenziaria lo aveva accompagnato in un'altra ala.
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