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25 Aprile 2014 - 01:27
tribunale
Assolto perché il fatto non sussiste. Questa la sentenza pronunciata la settmana scorsa dal giudice Marianna Tiseo del Tribunale di Ivrea nei confronti Giampaolo Savino. L'uomo era finito a processo per un fatto banalissimo: il furto di un paio di calze da 3 euro risalente al 25 marzo 2010. Peccato che il processo, nonostante l'esiguità della cifra, sia durato, quindi, ben quattro anni. Secondo l’accusa sostenuta dal Pm Bosio, Savino, durante la spesa al penny market di Rivarolo, aveva cercato di nascondere un paio di calze nelle mutande ma era stato colto in flagrante da un addetto al servizio di vigilanza interno e portato nell’ufficio del centro commerciale, dov'erano sopraggiunti i carabinieri di Agliè. La direttrice del Penny, Jennifer Morabito, e l’addetto alla sorveglianza i Maurizio Coppola, interrogati la settimana scorsa, non ricordavano ormai nemmeno più l'episodio. "Sinceramente sono solito ricordarmi in maniera precisa gli episodi di una certa entità e questo penso non lo sia" ha dichiarato Coppola, che poi ha espresso anche qualche perplessità sulla procedura avviata dal centro commerciale nel caso specifico. "Chiaramente – ha sottolineato - è diritto del centro commerciale tutelarsi in ogni maniera, ma posso affermare che non è affatto consueto avviare querele per una cifra così irrisoria". Della stessa opinione l’avvocato dell’imputato che, oltre ad esprimere sconcerto per un processo del genere, ha rimarcato l'insussistenza di prove, a partire proprio dalla carenza delle testimonianze. Aldilà sella sentenza, lascia come minimo interdetti il fatto che per cause di così poco conto venga messa in moto tutta la macchina della giustizia, ormai quasi proverbialmente nota per la sua eccessiva lungaggine. Pm, avvocati, giudici, testimoni, rinvii e chi più ne ha più ne metta. Il tutto per soli tre euro...
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