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CIRIÈ. Caso Suarez, ipotesi di false dichiarazioni dall'avvocato Chiappero

CIRIÈ. Caso Suarez, ipotesi di false dichiarazioni dall'avvocato Chiappero

luigi chiappero

Spunta il nome dell’ex sindaco di Ciriè Luigi Chiappero, storico legale della Juventus, tra gli indagati per “l’esame farsa” del calciatore Luis Suarez all’Università per stranieri di Perugia, “indispensabile” per ottenere la cittadinanza italiana.

Le indagini - si legge nell’ordinanza con cui il gip Piercarlo Frabotta ha disposto una serie di misure interdittive - «hanno fatto emergere ipotesi (invero tuttora al vaglio degli inquirenti) di false dichiarazioni al pm rese dall’avvocato Chiappero e dal dirigente (della Juventus - ndr) Paratici in occasione delle audizioni presso la procura di Perugia». Chiappero era stato sentito a fine settembre dai pm Paolo Abbritti e Gianpaolo Mocetti e aveva respinto ogni ipotesi di coinvolgimento della Juve nell’esame “farsa”. «La verità – aveva detto ai giornalisti –   viene spesso alterata, ritagliata, ricostruita e restituita in un racconto che magari serve più al lettore e però non è la verità».  Nelle carte si parla di “interlocuzioni tra l’avvocato Chiappero ed il vice prefetto Dinacci Antonella, sempre afferenti la problematica del conseguimento della cittadinanza italiana da parte del calciatore Suarez”.

In tutto gli indagati sono sette e tra essi figura anche una collega di Chiappero, l’avvocato Maria Turco, indicata come “legale incaricato dalla Juventus” per l’allestimento dell’esame. Per lei l’ipotesi di reato, in concorso, è il falso ideologico.

Il gip Frabotta, nelle carte, parla di “farsa”, “pantomima”, “scandaloso favoritismo”, “inaudita sfrontatezza”. Con l’ordinanza ha disposto otto mesi di sospensione dagli incarichi per la rettrice Giuliana Grego Bolli, il direttore generale Simone Olivieri, la docente Stefania Spina e un componente di commissioni esaminatrici, Lorenzo Rocca. Un resoconto di 48 pagine che trabocca di indignazione e che, più che ricostruire le mosse della Juventus, dipinge un Ateneo dove alberga un “malcelato senso di impunità” e dove si tira in ballo il Covid come scusa per procedere scorrettamente. Alla società bianconera, che aveva bisogno di trasformare d’urgenza Suarez in un cittadino comunitario prima del trasferimento Torino, il giudice dedica qualche pennellata. Il motore è il direttore sportivo, Fabio Paratici, (ora indagato per false dichiarazioni al pm così come Chiappero,), che ai primi di settembre contatta la ministra Paola De Micheli per sapere come “velocizzare la pratica di riconoscimento”. Quando Paratici telefona a Perugia, Olivieri gongola: “E’ più famoso di Mattarella”, dice a una dipendente. Ma come si può, senza destare sospetti, far superare l’esame di italiano a un ragazzo che l’italiano non lo parla? Si crea una sessione ‘ad personam’ a porte chiuse. “Abbiamo la fortuna che le persone non possono entrare per la questione Covid”, dice Olivieri. Il 9 settembre viene siglata la delibera. Suarez, che secondo il giudice aveva pure la pretesa di sostenere la prova dalla Spagna, tra il 10 e il 12 viene preparato a puntino con l’invio del materiale necessario. Il 17 il calciatore è a Perugia. Il test, così come descritto dal giudice, sembra tratto da un film comico: l’esaminando, al quale si chiede anche di parlare di una gita immaginaria ad Assisi, “ripete le frasi prestabilite che più o meno è riuscito imparare a memoria”, pronunciando pure la ‘s’ in coda alle parole. Il gip Frabotta, nell’ordinanza, si sofferma sui “vantaggi” che il caso Suarez poteva fruttare. Per l’ateneo perugino, in primis, la prospettiva di diventare il “punto di riferimento non solo della Juventus ma in generale delle squadre di calcio professionistico”.  

Dopo l’avviso di garanzia a Paratici, la Juventus ha ribadito “con forza la correttezza dell’operato” del suo dirigente e “confida che le indagini in corso contribuiranno a chiarire la sua posizione in tempi ragionevoli”. Rivendica la chiarezza del suo agire anche De Micheli alla quale nessun addebito è stato comunque contestato, come ribadito anche in ambienti giudiziari. Nessuna dichiarazione dall’ex sindaco ciriacese.

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