«L’Italia non è la Repubblica Pololare Cinese. E chi viene qui ad investire se lo metta bene in testa. Abbiamo le nostre regole come i cinesi hanno le loro. Chi viene qui le rispetti. Punto». E’ categorica la posizione dell’assessore regionale al Lavoro, Elena Chiorino che ha opposto “all’ipotesi cinese” nel il tavolo di crisi convocato, nella sede dell’assessorato regionale al Lavoro di via Magenta, sul caso Comital. Presenti, oltre a Chiorino, l’avvocato che rappresenta la Dingsheng (società cinese, unica ad aver presentarto un’offerta concreta per l’acquisto dell’azienda), i curatori fallimentari, le rappresentanze sindacali e il sindaco di Volpiano. In sostanza la società cinese subordina l’acquisto di Comital all’accettazione, da parte dei sindacati, delle loro stringenti condizioni: nessun ammortizzatore sociale (che avrebbe potuto essere attivato a costo zero o quasi) soltanto il 50 per cento dei lavoratori riassunti e poi un piano ambizioso ma dai contorni non ancora ben definiti. Circostanza che non convince le parti sociali e nemmeno i lavoratori dell’azienda che, anche questa mattina, hanno chiesto di definire meglio il piano, senza ottenere risposte precise. «I cinesi hanno un piano ambizioso. Si tratta di accettare o meno una scommessa», ha spiegato il legale della società. A nulla è anche servito l’estremo tentativo proposto dall’assessore Chiorino di chiedere ai curatori fallimentari una proroga alla procedura. Una mossa che avrebbe consentito di guadagnare tempo utile a impostare ulteriori ragionamenti con i potenziali compratori. Invece nulla, i curatori hanno chiuso ogni porta adducendo ragioni tecniche dovute a costi - a loro parere - non più sostenibili. Ora occorrerà capire se la società cinese si tirerà indietro o se converrà a più miti consigli, anche se, al momento, le incognite sono decisamente superiori alle certezze. «C’è un limite a tutto - tuona Chiorino - l’Italia e il Piemonte non possono accettare ricatti di nessun tipo. Non comprendiamo né la ragione “culturale” che impedisce agli investitori cinesi di accettare di chiedere gli ammortizzatori sociali e nemmeno il rifiuto, da parte dei curatori, di chiedere una proroga. Quello che posso affermare è che si tratta di scelte politiche e non tecniche. Scelte politiche, seppur legittime, sulle quali occorre avere il coraggio di assumersi la responsabilità, proprio come se la assume la sottoscritta dicendo no a un accordo che ritengo, come detto, inaccettabile».
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