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OZEGNA. Littelfuse: spiraglio per la cassa integrazione

OZEGNA. Littelfuse: spiraglio per la cassa integrazione

Fumata grigia per la vertenza Littelfuse.

Nel corso dell’ultimo incontro con i rappresentanti dell’azienda i sindacati sono riusciti a strappare l’impegno dei presenti a comunicare al Cda dell’azienda la richiesta di affrontare un percorso di riccolocazione dei 41 dipendenti che, dal prossimo 25 giugno rischiano il licenziamento per cessata attività dell’azienda.

Giovedì 18 aprile, presso l’Unione Industriale di Torino, sindacati e rappresentanti dell’azienda si sono seduti per la seconda volta intorno al tavolo della concertazione.

Il primo incontro si era tenuto pochi giorni prima, lunedì 15 aprile, e si era concluso con un nulla di fatto.

Fabrizio Bellino della Fiom spiega: “Giovedì ci sono sembrati più disponibili a portare al Cda della multinazionale con sede negli Usa, la richiesta di un percorso di ricollocazione del personale. Un percorso che aprirebbe la via alla richiesta di cassa integrazione, ammortizzatore che permetterebbe a questi 41 lavoratori di avere ancora 12 mesi di ossigeno.

A decidere, però, dovrà essere il Cda americano. Il 9 maggio ci sarà il prossimo incontro. Speriamo che accettino di intraprendere questo percorso che porterebbe ad un accordo a tre: sindacato, azienda, regione. Gli operai inizierebbero questo percorso di ricollocazione con l’aiuto di strumenti messi a disposizione dall’azienda e dalla Regione Piemonte e intanto continuerebbero a percepire, per un anno, la cassa integrazione erogata dal Ministero del Lavoro”.

E se l’azienda non accettasse di fare la sua parte in questo percorso?

“A tal riguardo la volontà dell’azienda è già chiara: loro vogliono chiudere per delocalizzare il lavoro. Se non accetteranno questo percorso la procedura di licenziamento iniziata il 10 aprile si concluderà e dal 25 giugno tutti i dipendenti resteranno a casa senza nemmeno percepire la cassa integrazione”.

La ditta, che realizza sensori per le automobili ed i motori diesel è arrivata ad Ozegna nel 2015, con l’acquisto,  per 5 milioni e 40mila euro, di una ditta concorrente. Ora è pronta a chiudere per delocalizzare.

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