Cerca

SETTIMO TORINESE. Condanna dal giudice i “Robin Hood del tabacco”

SETTIMO TORINESE. Condanna dal giudice i “Robin Hood del tabacco”

CONDANNATI I fratelli Messina, Carlo e Gian Paolo, per frode fiscale e doganale: tutti gli imputati dovranno risarcire 119 milioni all’Agenzia delle Entrate

Un film del 2014 li descriveva come i ‘Robin Hood del tabacco’, paladini contro le multinazionali delle sigarette. Ma oggi i fratelli Carlo e Gian Paolo Messina, fondatori di Yesmoke, I fondatori di YesSmoke, sono stati condannati dal tribunale di Torino a sei anni e a due anni e sette mesi con altri cinque imputati per associazione a delinquere finalizzata al contrabbando. Le altre pene vanno da un anno e 4 mesi a sei anni. Per i due fratelli, il giudice ha disposto anche la confisca di beni e valori per oltre 155milioni di euro. Tutti gli imputati, poi, dovranno risarcire di oltre 119milioni l’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

L’obiettivo di Yesmoke era quello di combattere “il predominio delle multinazionali del tabacco”. Poi, però, la prima fabbrica italiana di sigarette dell’era post-monopolio è finita al centro di una complessa frode fiscale e doganale.

Quattro anni fa, la guardia finanza di Torino ha smantellato una delle più grandi organizzazioni di contrabbando nel Vecchio Continente, che ha arrecato un danno allo Stato di oltre 90 milioni di euro. Secondo l’accusa, il cuore dell’ingegnoso sistema era proprio nello stabilimento di Settimo. L’inchiesta, coordinata dal pm Marco Gianoglio, ha evidenziato che le sigarette destinate al mercato fuori dall’Unione Europea nel 90% dei casi non raggiungevano mai la destinazione. I tir che le trasportavano facevano percorsi arzigogolati per giustificare la lunghezza dei viaggi e tornavano vuoti nel torinese dopo aver scaricato il carico chissà dove. “Non è vero niente”, ribattono i legali dei fondatori di Yesmoke, gli avvocati Enrico Calabrese del foro di Torino e Alessandro Sammarco del foro di Roma. “In aula abbiamo dimostrato che i carichi di sigarette hanno lasciato la comunità europea, ma nessuno ci ha contestato il reingresso. Quindi il reato viene meno. Faremo appello”. Ricorso in cui Carlo Messina spiega di riporre molta fiducia. “Ci sono le dichiarazioni delle dogane che attestano che tutto era regolare. E allora perché ci hanno condannati?”, sbotta. Punta il dito contro gli interessi delle multinazionali. “Siamo finiti così perché ci sono degli interessi grossi a livello di fiscalità del tabacco e a livello dei monopoli. La nostra idea, però, è più forte di prima”. E sul sito dell’azienda spiegano: “Continuiamo a lavorare! Collaborando con l’amministrazione giudiziaria, a Settimo il lavoro non si ferma”.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori