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27 Novembre 2017 - 11:25
Lippi Marcello
Al di là dell’enorme giramento di coyotes sovvenutomi dall’animo all’indomani della mancata qualificazione ai mondiali, dramma che fa il pari con altre tragedie del nostro tempo quali la mancanza di lavoro per i giovani, l’economia stentata, la perdita dei valori sociali, la mafia e la corruzione, anzi, oserei dire, è molto peggio di tutto ciò, mi preme inviare un pensiero al povero Giampiero Ventura.
Secondo me non è colpa sua, o almeno, non tutta sua.
Ventura è stato lasciato solo: il primo a mollarlo come un cane in mezzo alla strada è stato Marcello Lippi (sì, proprio lui, il campione del mondo) che prima si è proposto come supervisore, poi lo ha chiamato in Nazionale e sul più bello è andato ad allenare la Cina dove gli danno 8 (otto) milioni di euro l’anno esentasse, mentre qui gliene davano “soltanto” due, povr’om, e gli facevano pure pagare l’irpef. Poi lo ha scaricato la Federazione, a partire dal suo capo che gli ha voltato le spalle prima ancora dello spareggio con la Svezia.
Quindi lo hanno mollato i giornali, perché Ventura era uno che diceva la verità, ovvero che i giovani italiani tutti, non solo i calciatori, sono meno motivati degli altri, che la legna con cui far fuoco era quella che era tant’è vero che già le ultime edizioni dei mondiali erano andate così così; sosteneva il bisogno, per i ragazzi della Nazionale, di allenarsi assieme per lunghi periodi e non solo di ritrovarsi in occasione delle partite, son mica Pelè, Cuijff o Maradona. Lo hanno abbandonato alcuni giocatori i quali non lo hanno capito o non lo hanno ascoltato bene, o non lo hanno proprio mai amato. Si vedeva lontano un miglio che il gruppo era tale soltanto a parole e se prima dei piedi buoni non metti su una squadra vera, compatta, coesa, non vinci neanche se sei il Brasile. Chiedetelo a Bearzot, dovrebbe saperne qualcosa.
Quando uno è solo, è solo. Perde fiducia, sbaglia di più, quello che prima faceva bene, o benino, rischia di farlo male o malissimo. Ventura non è esente da responsabilità, ma da povero ramingo qual è ha soltanto accentuato i difetti di una squadra cui i difetti non mancavano. Ergo, non bisogna lasciare da solo nessuno. Neanche se fa l’allenatore della Nazionale di calcio.
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