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SETTIMO. “Ma abbiamo una banca?”

SETTIMO. “Ma abbiamo una banca?”

Luca Rivoira

L’orologio è sembrato tornare indietro ad almeno una dozzina di anni fa. A quel “Ma abbiamo una banca?”, dell’allora segreteario dei Ds Piero  Fassino al Presidente Unipol Giovanni Consorte. Ecco. Possiamo dirlo. Della malattia dell’alta finanza, nel Partito Democratico non sono ancora del tutto guariti.

Ce l’hanno in tanti, e pure, nel suo piccolo, il consigliere comunale Luca Rivoira. Giovedì scorso si è presentato in consiglio comunale con un ordine del giorno sui “Pir” (Piani individuali di risparmio). Da votare e poi da far arrivare, non si capisce bene in che modo, ma di certo non con i piccioni viaggiatori, nientepopòdimenoche sulla scrivania del Ministro Padoan. Inutile chiedersi che cosa si sia fumato. Tant’è! Prendere o lasciare.

E senza scendere troppo nel dettaglio, quando si parla di Pir si fa  riferimento a prodotti finanziari (quindi banche) attraverso cui si raccoglie denaro da investire nella piccola e media impresa quotata in borsa. “L’idea non voglio dire illuminazione” (è questo lo ha detto Rivoira) è semplice: creare dei nuovi Pir per quelle aziende, anche famigliari, che non sono quotate e che non possono accedere a quei soldi lì. Tutto chiaro?

Ma, neanche per idea. E infatti, il risultato è stato pressochè scontato, tra chi gli ha subito detto di non avere le competenze necessarie per affrontare la questione e chi, giustamente, gli ha ricordato i tanti “casini” che le banche han fatto in questi anni. Roba da spararsi un colpo in testa - e qualcuno lo ha pure fatto - con  Banca Etruria e il Monte dei Paschi.

Rivoira, invece, si fida. Non solo perchè lavora in banca. Anche e soprattuto perchè ne ha parlato con un amico beninformato. Insomma la fa semplice e la tecnica è da piazzista, con una serie di parole s-collegate e ricollegate tra loro da una visione. “Il 3 per cento di 60 miliardi sarebbe una botta di liquidità - ha conteggiato con lo stesso entusiasmo che avrebbe un neo assunto alla Lehman Brothers - Se noi chiediamo al mercato di vincolare i soldi alle nostre piccole e medie imprese creiamo una spirale di virtuosità...”.  Bene! E’ fatta. Resta solo da capire, adesso, chi glielo dice a Padoan, chi a Chiamparino e chi alle banche...

L’elenco delle fregature all’italiana glielo tira giù l’azzuro non più tanto “Felice”,  Scavone.

“Monte dei Paschi, Parmalat Banca popolare di Vicenza. E poi i derivati. A chi ha perso tutti i soldi e pure le liquidazioni non c’è uno che abbia detto s-ciopa (“muori” in piemontese). Quando c’era Silvio Berlusconi parlavate di finanza creativa. Da quando c’è Renzi si possono mettere tranquillamente le mani sulle banche...  Ah già! Anche quando c’era Prodi tutti andavano in banca a comperare le azioni. Mi ricordo di Tiscali che valeva 120 ed oggi vale zero virgola zero niente. Condivido che da qualche parte bisogna partire, ma io dico no. Ho parlato con Silvio e mi ha detto di astenermi. Però ci ho pensato e anche io non partecipo al voto e disattendo i suoi consigli....”

Come Scavone, anzi no, peggio, Ilaria Romaniello che è di Articolo Uno, quindi, in teoria, sinergica alla maggioranza. “Nel Pd non si riesce a fare a meno di occuparsi di banche - si è tirata indietro dalla discussione, con gli occhi fumanti - che Rivoira indirizzi l’argomento nei giusti canali istituzionali. Qui non ci sono le competenze...”.

Idem, manco a dirlo per Elena Levato di Insieme per Settimo.

E i cinquestelle?

“Romaniello mi ha tolto le parole di bocca - ha sentenziato Andrea Favilli - Sono stato obbligato a fare un fondo pensione e non è che brilli....”

Stessa cosa il capogruppo Massimo Del Vago, che però, come sappiamo, cerca sempre di non criminalizzare nessuno e non nasconde d’essersi affezionato alle giovani leve. “Luca sicuramente lo ha fatto a fin di bene ma è come se in Florida o in Africa si dicesse ai turisti che i cooccodrilli hanno già mangiato e se vanno lì ad accarezzarli non succede loro niente...”.

Infine Arnaldo Cirillo con la calcolatrice in mano pronto a fare i calcoli sui costi delle intermediazioni e sui rischi, definiti grossi, da più di un economista. “Di sicuro fa guadagnare le banche - ha avvertito  - e non sempre gli investitori...”.

Insomma un Fondo è un Fondo, anche se a sponsorizzarlo è il consigliere Luca Rivoira. A nulla è servito l’intervento dei crocerossini, il sindaco da una parte e il capogruppo del Pd Daniele Volpatto, dall’altra per salvarlo da un’infausta votazione finale, con soli 12 voti a favore (sindaco compreso) su 25, che significa essere finiti in minoranza, anche se non lo si è per niente sottolineato.

“Quante cose abbiamo discusso non di nostra competenza....” ha sottolineato Fabrizio Puppo

“Sicuramente Padoan non ci ascolterà, ma da qualche parte bisogna cominciare -  ha giustificato il suo voto  Daniele Volpatto e lui è uno che tutto vuole fare salvo che difendere le banche.

E Volpatto ha fatto anche di più, dando all’ordine del giorno la stessa dignità di uno di quei tanti già approvati, per esempio sui “diritti umani” che è davvero tutt’altra roba.

Finita qui? Neanche per idea, considerando il modo con cui Mdp li ha sfanculati....

“Agli attacchi gratuiti (chiaro riferimento a Romaniello) porgiamo quasi sempre l’altra guancia - ha inforcato Volpatto - Mi fa piacere di aver sentito chi non ho sentito per tre anni....”. 

Questione di numeri? “No! Ce li abbiamo oggi e domani. Però chi fa saltare il numero legale di una maggioranza ne risponde politicamente ...”.

Quella giusta l’ha detta Pino Velardo: “Apprezzo il coraggio di Rivoira ma io, quest’ordine del giorno l’avrei ritirato e poi ripresentato...”. E anche no...

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