Cerca

SAN GIUSTO. Compare il volto di Padre Pio, gli requisiscono la casa

SAN GIUSTO. Compare il volto di Padre Pio, gli requisiscono la casa

Compare il volto di Padre Pio sulla porta, il Comune gli requisisce la casa. 

Una vicenda incredibile sotto tutti i punti di vista, che vede come protagonisti Retano Boffa e la sua famiglia, residenti a San Giusto da decenni, originari di Ginestra degli Schiavoni, piccolo comune nel beneventano  legato a doppio filo con il santo di Pietrelcina.  

Una vicenda in cui si intrecciano politica amministrativa e religione, quasi a voler scomodare il Nuovo Testamento. Quando quel “Date a Cesare quello che è di Cesare e date a Dio quello che è di dio”, diventa “Date a Cesare quello che è di Padre Pio”. Amen.

Il miracolo

Tutto comincia l’11 settembre. Sull’antico portone in legno di una casa di Ginestra alcuni passanti riconoscono il volto di Padre Pio, disegnato dall’umidità. La casa è di proprietà della madre di Boffa e dei nipoti di lei (poiché le sue due sorelle sono decedute da anni).

In paese è l’apoteosi. Fedeli e devoti, troupe televisive e giornali nazionali e locali danno ampio spazio alla notizia, che comincia a circolare su internet. La storia del “miracolo” arriva anche nel Canavese, dove tra Rivarolo, San Giusto e Ozegna vivono centinaia di ginestresi. 

A ciò - racconta Boffa - si unisce il fatto che la casa è sita in via Roma, connotata attualmente col civico 23 e 23/09/1968 è la data di decesso del Santo, inoltre a pochi metri di distanza sorge l’oasi di San Pio, voluta dal locale gruppo di preghiera”. 

Insomma il fermento è incredibile, la casa a Ginestra diventa una sorta di meta di pellegrinaggio e così, diciamocelo, il paesino acquista tutta quella visibilità che aveva perso da tempo e che forse, così tanto, non aveva mai avuto. 

La beffa

Per Ginestra e i ginestresi è festa. Per tutti, tranne che per Retano Boffa e la sua famiglia. “Queste coincidenze, purtroppo per noi, hanno attirato anche l’interesse del comune e del suo sindaco, che subito si sono attivati a transennare la nostra proprietà per evitare atti vandalici (così dicevano) - racconta amareggiato -.  Abbiamo in seguito scoperto che la casa era stata requisita temporaneamente con un’ordinanza datata 20 settembre”.  Il motivo è scritto a chiare lettere nell’ordinanza: “A tutela della salute e dell’incolumità pubblica nonché a fini di salvaguardia del bene”. Nell’atto, peraltro, c’è scritto anche che “è stato verificato presso l’Ufficio dei Tributi che su tale immobile non è mai stato effettuato alcun pagamento dei tributi comunali né è stato possibile richiederlo ad alcuno per l’assenza di soggetti legittimati”.  Una serie di argomentazioni che Boffa, da parte sua, trova pretestuose.  Preciso - sottolinea - che le tasse sono sempre state da noi puntualmente pagate, infatti a dimostrazione dell’inconfutabilità di questo conserviamo tuttora le ricevute di tutti i pagamenti, non siamo irrintracciabili tanto è vero che due dei nipoti di mia madre e proprietari della casa in questione vivono tuttora in tale comune, passano davanti alla proprietà praticamente ogni giorno e vi si recano all’interno di tanto in tanto per controllarne lo stato. Io peraltro sono apparso sulla Voce di Ivrea, con tanto di nome e di foto, in un articolo che parlava della porta, e che è stato riportato dal sindaco sulla sua pagina facebook. Inoltre in un video  girato da una tv locale, il sindaco aveva già fatto dichiarazioni mendaci, sostenendo che i proprietari della casa erano irrintracciabili dopo essere emigrati al Nord. Trovo molto divertente che nello stesso video presente sul web fosse stato intervistato anche mio cugino, Bruno Marchese, il quale dichiarava di essere uno dei comproprietari dell’abitazione e ricordava nostro nonno”.  Certo, ma il problema di “salute e incolumità pubblica” rimane.  “Se davvero rappresenta un problema per la comunità la messa in sicurezza dell’edificio (motivazione a mio avviso pretestuosa) - conclude Boffa - appurato questo da un tecnico super partes, possiamo farcene certamente carico noi, non intendiamo sottrarci a questa responsabilità”.

Voglio soffrire - scriveva Padre Pio -. È questa la mia brama”. La famiglia Boffa, l'abbiamo capito, dovrà seguire il suo esempio.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori