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IVREA. Cerrato: "I miei primi cinque anni"

IVREA. Cerrato: "I miei primi cinque anni"

Cerrato Edoardo, vescovo di Ivrea

Una lettera pastorale per parlare di giovani e carenza di vocazioni in                 Canavese. Così monsignor Edoardo Cerrato, vescovo della diocesi di Ivrea, ha deciso di celebrare questi primi cinque anni di episcopato eporediese.

“Una realtà è sotto gli occhi di tutti - dice il Vescovo - il mondo giovanile è costituito da una minoranza di giovani presenti nelle nostre comunità e da una grande maggioranza che si sono allontanati. Ciò che ci è espressamente chiesto è una rinnovata passione apostolica nell’andarli a cercare e incontrarli”.

Secondo monsignor Cerrato servirà, d’ora in poi, un nuovo slancio per coinvolgere nuove leve: “Pur distratti dalle mille contraddizioni del contesto culturale, i giovani non cessano di porsi le più fondamentali domande. Chiedono, talvolta in modo drammatico, che si ponga ad essi attenzione”. Lo stesso slancio dovrà riguardare la ricerca di nuovi sacerdoti, vista la carenza di vocazioni che contraddistingue già da anni la zona di Ivrea.

Carissimi Fratelli e Sorelle,

1. «Desidero e chiedo a Dio che l’Anno della Fede dia il tono non solo all’inizio del mio servizio tra voi, ma a tutto il mio episcopato» ho detto il giorno dell’ingresso in diocesi, il 7 ottobre di cinque anni fa, quando a Roma si apriva il Sinodo dei Vescovi su “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana” e stava per iniziare – 11 ottobre – l’Anno della Fede, indetto nel 50.mo dell’inizio del Concilio Vaticano II e nel 20.mo della promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica.

Da Papa Benedetto ci giungeva il richiamo alla «esigenza di riscoprire il cammino della fede per mettere in luce con sempre maggiore evidenza la gioia ed il rinnovato entusiasmo dell’incontro con Cristo» e l’invito alla missione di fronte ad «una profonda crisi di fede che ha toccato molte persone» e al fatto che «mentre nel passato era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, largamente accolto nel suo richiamo ai contenuti della fede e ai valori da essa ispirati, oggi non sembra più essere così in grandi settori della società» (“Porta fidei”).

Papa Francesco, che abbiamo accolto nel corso dell’Anno della Fede, ci chiamava nella sua prima Enciclica, “Lumen fidei”, e poi con la “Evangelii gaudium”, alla «conversione da una pastorale di semplice conservazione ad una decisamente missionaria»: priorità che anch’io ho sottolineato, fin dalla mia prima Lettera Pastorale, e poi in tutte le successive, convinto che «non è la stessa cosa aver conosciuto Gesù o non conoscerlo, non è la stessa cosa camminare con Lui o camminare a tentoni, non è la stessa cosa poterlo ascoltare o ignorare la sua Parola, non è la stessa cosa poterlo contemplare, adorare, riposare in Lui, o non poterlo fare. Se uno non lo scopre presente nel cuore stesso dell’impresa, presto gli manca la forza e la passione» (E. G., 266).

2. A questa luce ho intrapreso nei mesi scorsi anche la Visita Pastorale a tutta la Diocesi iniziando dalla Vicaria Rivarolese della quale ho visitato 10 delle 17 Parrocchie dedicando tempo ad ognuna, ma sempre prospettando la necessità di una fattiva collaborazione, in tanti ambiti, con le altre della Vicaria, maturando la consapevolezza che la comunione tra le comunità – come quella tra i membri di ognuna – è indispensabile al compito di annunciare e testimoniare ciò in cui crediamo.

Mentre mi preparo a proseguire la Visita che da settembre a novembre compirò, a Dio piacendo, alle rimanenti Parrocchie della Vicaria, desidero esprimere – l’ho già fatto, ma con gioia lo ripeto – la mia soddisfazione per l’esperienza di quella sessantina di giorni, quasi tutti densissimi di incontri. Lo scopo che mi sono proposto, infatti, è stato di incontrare le persone là dove vivono ed operano: siano quelle accomunate dall’appartenenza a specifiche “categorie”, siano esse i “semplici fedeli”, come si dice, non pochi dei quali ho incontrato anche nei tempi messi a disposizione per chi desiderasse un colloquio personale con il vescovo: infermi ed anziani nelle loro case e nelle Case di Riposo; giovani e ragazzi che frequentano il catechismo in preparazione ai Sacramenti (in alcuni luoghi, gli studenti, piccoli e grandi, anche nelle scuole, là dove sono stato invitato); genitori,

insegnanti, catechisti, uomini e donne impegnati in servizi sociali e nella “Caritas”; appartenenti a Movimenti e Associazioni; Comunità religiose, preziosa presenza sia che i loro membri si trovino in grado di servire attivamente, sia che lo facciano con la preghiera e l’offerta delle sofferenze e dei limiti imposti dall’età.

Ho voluto questi incontri per condividere nella ferialità un tratto del cammino della gente, e ringrazio i Parroci e Sacerdoti che mi hanno aiutato ad organizzare la Visita come l’avevo chiesta. Ho visto il loro zelo pastorale e il loro lavoro nella vita di ogni giorno; ho visto che c’è tanto bene tra la nostra gente: e dobbiamo dircelo, poiché riconoscerlo, oltre che obiettività, è dare gloria a Dio che sostiene con la Sua grazia i Suoi figli; ho visto tante sofferenze affrontate con coraggio e dedizione, spirito di fede e impegno; ho visto tante opere buone di persone che amano il Signore, vivono la vita della Chiesa, riconoscono i propri limiti, cercano di diventare migliori. Certo, ho visto che non mancano – anzi, sono in crescita – anche quelli che vivono ai margini della Chiesa o addirittura “lontani”, verso i quali è doveroso atto d’amore l’impegno decisamente missionario a cui la Chiesa da tanto e tanto tempo ci sollecita.

Anche per la fase conclusiva della Visita alla Vicaria Rivarolese – cui seguirà, a partire da febbraio 2018, quella alla Castellamontese-Valli Orco e Soana – questo sarà lo stile e l’impegno.

E il “Padrone della messe” ci aiuti a servirLo. Siamo «servi inutili»: cioè semplicemente servi; ma vogliamo essere – come il Santo Padre ci chiede nella Evangelii Gaudium – «evangelizzatori che si aprono senza paura all’azione dello Spirito Santo» il Quale «infonde la forza per annunciare la novità del Vangelo con audacia, a voce alta e in ogni tempo e luogo, anche controcorrente» (259): «evangelizzatori che pregano e lavorano» (262), nella consapevolezza che «la missione è una passione per Gesù ma, al tempo stesso, è una passione per il suo popolo» (268), senza scoraggiarsi di fronte ai fallimenti o agli scarsi risultati perché la «fecondità molte volte è invisibile, inafferrabile, non può essere contabilizzata; dobbiamo sapere soltanto che il dono di noi stessi è necessario» (279).

3. Nell’ambito della missione un rinnovato impegno ci è chiesto quest’anno nei confronti dei giovani: «Camminare con loro, accompagnarli, uscire dai propri schemi preconfezionati incontrandoli lì dove sono, adeguandosi ai loro tempi e ai loro ritmi; prenderli sul serio nella loro fatica a decifrare la realtà in cui vivono», si legge nel documento di preparazione al Sinodo dei Vescovi del 2018 che avrà come tema: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”.

Le riflessioni possibili e doverose sono tante. Ringraziando, innanzitutto, per quanto già si fa nella formazione cristiana dei giovani, mi limito ad accennarne qualcuna.

a) La prima, non scontata, anche se tale può apparire, è che la cura pastorale dei giovani è come la cura dei figli nella famiglia: prioritaria rispetto ad altre, perché indispensabile.

Di essa «è responsabile tutta la comunità» afferma il documento: tutti ne siamo coinvolti, ognuno per la sua parte. Ma occorre anche ribadire la convinzione che l’opera formativa – oggi più che mai – non si compie unicamente nello spazio ristretto dell’ambiente di “casa”: di una singola comunità, tanto più se piccola e povera di forze. E’ necessario aprirsi alla collaborazione con altri, superando il desiderio di vedere subito realizzati particolari e immediati interessi. Ciò che conta è la crescita autentica dei figli, e le forme di “campanilismo”, in questo come in altri settori, mostrano la loro inefficacia non solo nell’educare all’amore per la propria comunità, ma nel conseguire ciò che è primario: la formazione dei giovani. Tutti abbiamo qualcosa da dare e da ricevere.

Il Servizio diocesano di Pastorale giovanile, pur avendo il compito (cfr. Documenti della Chiesa Italiana) di coordinare, promuovere e organizzare alcune iniziative diocesane, non si pone – deve essere chiaro a tutti – in sostituzione dell’attività delle singole comunità; ciò che offre è un aiuto a progettare, sulla base delle indicazioni del vescovo, una proposta pastorale per i giovani: Comunità parrocchiali, Movimenti, Fraternità Monastica Francescana, con la sua preziosa iniziativa di “Una luce nella notte”, Catechisti, Scuole di ispirazione cattolica, Insegnanti di Religione cattolica nelle Scuole di ogni ordine e grado, Responsabili degli Oratori e del Centro Sportivo Italiano, ognuno nel proprio ambito, portano avanti le loro iniziative, ma è necessario che si incontrino e non operino isolatamente.

Per favorire l’incontro, l’ascolto reciproco e la collaborazione, seguendo le indicazioni della CEI, intendo quest’anno dare vita alla Consulta diocesana per la Pastorale Giovanile.

b) Una seconda considerazione ci porta a riflettere su una realtà che è sotto gli occhi di tutti: il mondo giovanile è costituito da una minoranza di giovani presenti, in qualche modo, nelle nostre comunità, nei confronti dei quali siamo chiamati anche ad un’opera formativa che li metta in grado di «offrire il contributo della loro creatività, accogliendo le loro idee anche quando appaiono provocatorie»; ma, in grande maggioranza, da quelli che si sono allontanati dopo aver ricevuto i Sacramenti della iniziazione cristiana, o che neppure ne hanno percorso tutto il cammino, e sempre più spesso anche da chi neppure l’ha iniziato. E’ sterile lamentare la situazione. Ciò che ci è espressamente chiesto è una rinnovata passione apostolica nell’andarli a cercare e incontrarli «lì dove sono». Impresa non facile, che richiede coraggio e preparazione. Ma è la missione di sempre, per la quale, duemila anni fa, i primi inviati sono “usciti” per portare l’annuncio dell’unico Salvatore a chi non lo conosceva, facendosi vicini ai “lontani” per accompagnarli a scoprire il senso della vita nel rapporto con Cristo, non edulcorandolo in deboli proposte, ma proponendolo come l’esperienza di un “di più”.

Il mondo interiore di tanti giovani, ad un primo sguardo, può apparire povero, dominato da interessi di poco conto, appiattito sulle dimensioni dell’effimero e del banale. Ponendosi in ascolto e parlando con essi, si constata invece che non è assente, spesso, la ricerca di Dio. Pur distratti dalle mille contraddizioni del contesto culturale, con il suo clima individualistico e segnato da forte emotività, i giovani non cessano di porsi le più fondamentali domande sul senso della vita; chiedono, soprattutto – e talvolta in modo drammatico – che si ponga ad essi attenzione.

La persona cresce se incontra qualcuno più grande che le indichi il cammino, i crocevia della propria libertà, le esigenze della responsabilità; che la aiuti a non restar irretita nei propri limiti e giustificazioni. Il giovane ha bisogno di vedere – dice il documento citato – «credenti autorevoli, con una chiara identità umana, una solida appartenenza ecclesiale [non necessariamente tradotta – mi permetto di aggiungere – nell’esercizio di compiti particolari dentro la comunità stessa], una visibile qualità spirituale, una vigorosa passione educativa e una profonda capacità di discernimento». «Rileggere le pratiche pastorali» ci propone la Chiesa Italiana in quest’anno di preparazione al Sinodo; esaminarci, a livello diocesano e di singole comunità, sulla freschezza della nostra fede e sul dinamismo nel viverla, sulla capacità di trasmetterla nella odierna situazione.

- Un ultimo elemento di riflessione: il «discernimento vocazionale»: la capacità di dare una risposta, matura e credente, a Dio che chiama a mettere in gioco la propria vita nella scelta del sacerdozio, della vita consacrata, del matrimonio, per citare le principali vocazioni.

Il discernimento – che, secondo l’insegnamento di sant’Ignazio, è sempre tra due beni, non tra il bene e il male – ha una fase importante nella preparazione specifica e prossima a dire quel “sì” che impegna la vita, ma questa è la fase culminante. La vetta si raggiunge partendo dal basso: dalla formazione integrale dei giovani, dall’accompagnamento e dal sostegno alla loro crescita umana e cristiana, dal fornire loro esempi convincenti. E’ su questa base che poggia l’ultima fase della preparazione: in Seminario o nei Percorsi di preparazione al Matrimonio.

“Che mondo lasciamo ai nostri figli?” è la domanda che spesso ci si pone; ma ce n’è anche un’altra, altrettanto impegnativa: “Che figli lasciamo a questo mondo?”.

Affido a Maria Santissima e alla intercessione dei nostri Santi – particolarmente del beato Pier Giorgio Frassati e del servo di Dio Gino Pistoni – le attività del nuovo anno pastorale, e in specie quelle della pastorale giovanile.

Ivrea, 15 agosto 2017, solennità dell’Assunzione della B. V. M.

Con la più cordiale Benedizione, nel Cuore di Cristo e di Maria aff.mo

† Edoardo, vescovo

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